Può un disco essere bellissimo, meritare la palma di Top su questa modesta testata, ma iniziare con un brano incoerente rispetto a tutto il resto e, diciamo, brutto? Direi di sì. Per mia natura, reggo con molta difficoltà dischi che hanno un finale male azzeccato, ma tollero bonariamente il contrario, forse perchè l'intro ha tutto il diritto di essere l'anticamera del piccolo intimo mondo che ogni disco contiene, e quindi può ancora contenere parte delle brutture che risiedono fuori da tale disco, nel mondo consensuale.
Concluso questo pippone, posso iniziare a decantare le molteplici doti di questo disco stupendo, ad opera di Airportman, ossia Giovanni Risso, Marco Lamberti, Paolo Bergese e Marco Oliva. I quattro fruiscono anche dell'aiuto del valoroso ex-Franti Stefano Giaccone al sax, che si sovrappone, in soli due episodi (più l'infame prima traccia) a chitarre, fisarmoniche, harmonium, pianoforti, glockenspiel.
Questi gli strumenti portanti, suonati con una delicatezza rara e un'intreccio di melodie mai banale, con qualche rumore di fondo e percussione a fare capolino qua e là . Potrebbe ricordare dal Pat Metheney di “A Quiet Night” al Papa M di “Live From a Shark Cage”, ma episodi più ritmici come Off 5, l'orecchiabile Off 7 e la splendida chiusura di Off 11, con il loro formato canzone, ricordano anche degli improbabili Smog strumentali, ma sempre con un piglio melodico complesso degno dei Tortoise.
Un disco dall'umore malinconico ma mai depressivo, un paesaggio sfumato come quello ritratto nella (bella) copertina dal packaging in cartoncino.
Le note raccontano che il disco è stato registrato in due notti di fine estate del 2005. Avremmo voluto esserci, in compagnia di questi ispirati musicisti, nel momento in cui la più luminosa stagione dell'anno volge al termine, e già si comincia ad attenderla.
|