"Compositions For Guitars" è un disco di sperimentazione piuttosto estrema e coloro che non sono interessati a tale concetto possono tranquillamente passare oltre. Tre chitarristi - un americano, un giapponese e un europeo ma, curiosamente, tutti presenti nel cofanetto "Improvised Music From Japan" - propongono altrettante composizioni per solo chitarre, nelle quali vengono interpretate idee diverse di fare sprimentazione in tale strumento. Non ho ben afferrato la tecnica utilizzata da Larner, a parte il fatto che affida l'esecuzione a ben 21 chitarristi, ma il risultato è un sottile frinire che fa pensare a un concerto di cicale. La composizione è divisa in tre parti, Solos, Trios e Septets, e ognuna di esse in sette piccole unità contraddistinte, mi par di capire, da variazioni soprattutto di genere combinatorio. Larner, nelle note, specifica che le chitarre impiegate sono di tipo acustico con corde metalliche e che non è stato fatto uso di nessuna amplificazione, nè di sovraincisioni, nè di effetti o di altri interventi elettronici. Trovo che , sicuramente il brano più riuscito e particolare del disco, abbia delle simmetrie estetiche con l'Animist Orchestra di Jeph Jerman, mentre l'impostazione compositiva di Larner mi fa pensare ad alcuni lavori storici di Anthony Braxton. Hum, di Taku Sugimoto, è una composizione per sette chitarristi e le avvertenze dell'autore a proposito dell'esecuzione, riportate nelle note di copertina, indicano di non toccare le corde dello strumento e di non creare fenomeni di feedback, l'unico 'umore' che deve essere colto è il rumore di fondo dei pick-ups, da ciò nasce un ronzio raramente interrotto da brevissimi e sottili clangori dal timbro metallico. Taku, con questo brano, riesce incredibilmente a fare opera di riduzionismo nel corpo di quella che fu la loureediana Metal Machine Music. Stangl, nell'arco di tre brani, lavora invece sulle accordature dello strumento. Nel primo Tuning vengono utilizzate quattro chitarre, tre con corde di acciaio e una 'spanish guitar', sovrapposte in un contrasto cromatico-armonico creato anche dalle diverse (dis)accordature. Negli altri due brani Stangl si avvale di un collaboratore (Taku Sugimoto o Rita Emilia) per ottenere una manipolazione sull'accordatura in tempo reale. Si potrebbe fare obiezione a proposito dello spreco di tanta energia umana per conseguire un risultato così povero, in termini di quantità sonora, ma mi sembra, ormai, essere un dato di fatto acquisito quello per cui un grosso ensemble di musicisti non debba obbligatoriamente produrre una reboante sinfonia.