Quest'uomo invecchia bene. Di più, invecchiando quest'uomo migliora. Fin dalle prime battute di Fur Ming Felt Hunt, con la voce che ricorda incredibilmente Battiato, è facile intuire che "Summerisle" è un disco affatto speciale. Affidato l'impianto strumentale alla sola Laplantine - la nota Angelica Koehlermann della TomLab - che svolge alla grande il suo lavoro fra cabaret, suggestioni bohemienne e graziose giapponeserie, ed eliminato con ciò ogni impegno relativo alla produzione dei suoni, Momus si dedica con cura alla propria vocalità che, una volta di più, riesce a racchiudere il tocco ambiguo della tradizione glam, la gentilezza tipica dei cantautori brasiliani, l'amarezza dei trovatori europeo-continentali e la dolce follia del vecchio Barrett. Purtroppo le note non riportano gli strumenti utilizzati, chè sarebbe stato interessante conoscerli in toto, al di là del fatto che possano esser riconosciuti una chitarra o una fisarmonica. Le songs rispecchiano la miglior tradizione momusiana, filastrocche o, meglio lullaby, sussurrate, più che cantate, e in grado di accompagnarvi per mano in lunghe passeggiate dolciamare, anche solo mentali, nei meandri dei propri desideri di solitudine. Perchè "Summerisle", anche nei momenti più vivaci, è un disco da gustare in solitudine, meglio di notte, quando il rumore si attenua e la luce declina, quando più forte è il richiamo alla meditazione, quando anche i pensieri vestono gli abiti della sincerità . C'è tanto folk, trasfigurato, in "Summerisle" e, in un momento in cui il folk sembra rinato a nuova vita, questo potrebbe portare nuovi adepti alla parrocchia di un culto così radicato e tanto duro a declinare. Un pezzo come Johnny Jump Up, oltretutto, che più tradizionale non si può, mostra una modernità d'arrangiamento che può fare il culo a qualsiasi folksinger dell'ultimora. Va bene, inutile tirarla ancora per le lunghe, tanto avrete già capito che per il sottoscritto questo è un disco super-consigliato.
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