Ecco un disco ben definibile come davisiano, seppure l'elettricità e il ritmo paranoici delle brodaglie di cagna siano qui stemperati in un'indolenza altrettanto paranoica. La musica, come in Davis, è tesa e vibrante tanto quanto una corda di violino, nonostante la fisicità della danza voodoo venga trasferita in un non meno inquietante psycho-game intellettuale. L'elenco dei musicisti coinvolti è ingannevole, il gruppone al gran completo è infatti presente in solo due degli otto brani e gli stessi Spring Heel Jack, John Coxon e Ashley Wales, appaiono spesso in forma dimezzata. Il minimo storico è raggiunto in Duo, guarda un po', dove i soli Coxon e Sanders duettano di drum'n'guitar. E` Leo Smith, dopo Coxon, a collezionare il maggior numero di presenze, e la sua tromba emerge in effetti come protagonista assoluta del disco, con folate di lirismo puro che si ergono sopra fondali rarefatti di suono e non rischiano mai d'insabbiarsi, tranne nel drammone finale che, personalmente, avrei lasciato a casa. In Autumn, questo il titolo, il lirismo di Smith e la solennità di Wales si guastano a vicenda, fina ad assumere il sapore rancido della roba stantia, e rischiano di sciupare un disco altrimenti più che valido; o, quantomeno, lasciano l'ascoltatore con un cattivo 'retrogusto' nelle orecchie. Lo stesso crimine viene evitato per un pelo in Lata, dove la stessa solennità viene attenuata dalle dissonanze di Evan Parker e dai crepitii di fondo attribuibili a Coxon. Il primo, ad esclusione di Track One e Track Two dove suona rispettivamente sax tenore e pianoforte, è presente in altri tre episodi, fra i quali v`è proprio Lata, con il suo inconfondibile soffio di sax soprano. L'indagine volta a scoprire altre malefatte si concentra a questo punto, sembra naturale, nei due brani che vedono agire i sei musicisti in contemporanea. Inlet e Track Two, gaia evenienza, non sono invece afflitti da alcun morbo, e godono della moderazione dei giusti, contribuendo non poco a rendere questo disco vivamente consigliato. A chi? Beh... agli estimatori di Leo Smith (e di Miles Davis), in primis, e poi a quelli degli ultimi Spring Heel Jack, naturalmente, ma anche a coloro che volessero iniziare da qui un viaggio verso la conoscenza di tutti i musicisti coinvolti. I detrattori degli stessi, ovviamente, se ne tengano alla larga.
|