Dopo il precedente ed acclamato “Air Of The Ears” che ci aveva letteralmente ammaliato con la sua profondità acustica lussureggiante Richard Youngs compie un`inversione di tendenza improvvisa rituffandosi a capofitto nelle atmosfere minimali che avevano caratterizzato le note dei più lontani “Sapphie” e “Making Paper”. E di nuovo bisogna tornare a parlare di capolavoro. Dolente, ritorto su se stesso in maniera quasi estrema; eppur vitale come poche altre volte. Blues cosmico verrebbe da definire queste poche note stiracchiate, imponente è la carica mistica che sprigionano, fluttuanti squarci di assoluto che oggi prediligono l`uso massiccio della chitarra elettrica in sostituzione delle precedenti “acusticherie”; ed è capolavoro dicevamo. Quattro brani che si aprono con la monolitica Fountain Of light dove vibrazioni profonde ed oscure accompagnano la voce inimitabile di Richard e la sua chitarra stirata e strapazzata ad arte lungo un percorso riconducibile alle migliori peregrinazioni di certo folk inglese di altri tempi che qui però si scontra con le più moderne istanze minimali generando un incrocio grandioso di frequenze aliene che spesso e volentieri ricordano anche le follie blues migliori del nipponico Haino Keiji, ma da queste parti siamo in diretto contatto con le stelle ed allora ad un certo punto non possono ritornare in mente che le geometrie dei Talk Talk di fine carriera quando tutto sembrava possibile o forse il percorso prematuramente abbandonato dei Bark Psychosis di “Hex”. Sky Is Upon You ci piega le gambe come poche altre canzoni sanno fare squarciando il buio con azzurre ferite da taglio di chitarra ed un flebile filo di tastiere e voce per un viaggio nell`ignoto che si vorrebbe non finisse mai. Puro deliquio astrale che sa come scartavetrarti le pareti del cuore. Le parole (mie), non reggono e non bastano a descriverlo, quando l`ultima titanica ombra di brano di ventiquattro minuti si rivela nella sua immensità si è certi definitivamente di una sola cosa; questo è un capolavoro (detto per la terza volta in poche righe per chi non avesse afferrato il concetto).
Un solo obbligo; procurarselo.
Richard Youngs torna all`elettrica ed è questa la prima considerazione da fare. Dopo una manciata di dischi in cui l`aveva messa da parte, infatti, l`artista scozzese ritorna ad abbracciare l`amata chitarra elettrica che aveva marcato a fuoco alcune delle sue uscite più belle di sempre. Tuttavia questo nuovo “River Through Howling Sky” nell`umore non si discosta molto dal precedente “Airs of the year”. La differenza la fa solo la strumentazione, ma la sensibilità è la stessa. Chi pensa che per fare un disco `intimo` ci si debba necessariamente munire di suoni acustici si sbaglia di grosso. Richard Youngs si spoglia e lo fa utilizzando poche note di chitarra elettrica ed essenziali tocchi di percussioni. Mette a nudo la musica e la sua anima; ne disegna i contorni servendosi di un blues spettrale ed emozionante, claudicante ma anche sopra le righe. Il disco si apre con Fountain of light, che si regge sulla voce celestiale di Youngs, in piena trance poetica, con minimali rintocchi di batteria a scandire i tempi e la chitarra elettrica in libera uscita, in stile Mazzacane Connors. La seguente Blossom riprende lo schema precedente, svelando qui un`anima blues definitivamente compiuta, con l`aggiunta di una chitarra acustica utilizzata col contagocce e che chiamare folk mi sembrerebbe troppo. Sky is upon you vede l`innesto degli elettronics e di un quadro più melodico e regolare. La conclusiva Red cloud singular copre più della metà del disco e porta il tutto alle estreme conseguenze: destruttura ancora di più (come se fosse possibile!) l`immaginario dell`artista; la voce si spezza ulteriormente, si allunga e procede di pari passo con le note di chitarra. La desolazione regna suprema, profonda e tagliente come una lama affilata. Youngs celebra una volta di più le sue origini e ci regala una visione personale del blues come solo i grandi artisti sono in grado di fare. Un altro bel disco.
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