Coloro che hanno letto il nostro articolo sui jazzisti sudafricani transfughi in Europa avranno già ben chiaro il ruolo importante che svolsero nello sviluppo della musica contemporanea del vecchio continente (*).
Sean Bergin è uno di quei musicisti di colore (bianco) che trasgredivano le leggi razziali del regime di Pretoria per suonare insieme ad altri musicisti di colore (nero), questo prima della fuga verso il Nord dove s'è fatto conoscere ed apprezzare quale strumentista intenso e trascinante. Le sue doti ben risaltano in questo ottimo disco registrato in pubblico - all`interno di quello splendido tempio musicale che è il Bimhuis di Amsterdam - dove si fanno sentire sia le influenze della musica africana (Chicken Feet e Mixing It) sia quelle della tradizione popolare inglese (Barking Dog e Hatfield & MacDougal). Tutto senza porre rinuncia alla tradizione più propriamente jazz (My Dear Rose), con felici interventi solisti e con begli esempi di vocalismo scat (Jazz Zoot e Just Sing). Sonnet 119, corale dai caratteri liturgici, suggella in bellezza una esibizione più che felice, seguita solo dagli applausi di un pubblico soddisfatto e rimborsato.
(*) A proposito di sudafricani recentemente è uscito un cofanetto intitolato “The Ogun Collection” che contiene in 5 CD tutta la produzione su Ogun, con buona quantità di inediti, dei Blue Notes di Mongezi Feza e Chris McGregor. Inutile dire che, per chi non ha già i vinili originali del gruppo, si tratta di un acquisto imprescindibile.
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