Non sono un fan dei Lighting Bolt e compagnia bella, nè delle creature di John Zorn, e neppure della Ipecac o di Patton e amici. Li stimo, ma fatico ad ascoltarli. Limite mio, lo ammetto. Dunque cosa può avermi stregato di questo disco, fatto di mazzate di solo basso e batteria, di cambi di tempo, di frenesia, di stop and go, di agitazione sonora? Forse il fatto che il tutto è suonato, pensato e realizzato con una classe che forse i due Mangia Margot neppure sanno di avere, o per la sfrenata allegria che trapela tra una legnata e l`altra, o per la varietà che - pur utilizzando un set così minimale - riescono ad ottenere? Non saprei. Di certo han contribuito anche l`ironia con la quale il dischetto è confezionato (date un occhio ai titoli) e la capacità con la quale i due sembrano fregarsene delle loro influenze, che peraltro ammettono senza vergogna alcuna.
Faranno strada, forse non nel nostro paese, un po` refrattario a questi generi, ma li vedrei molto bene a frantumare amplificatori e tamburi in un tour americano. Pensateci, ragazzi.
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