Il prestigioso festival bolognese Angelica ha quest'anno una sezione dedicata agli improvvisatori norvegesi, e questo mi fa credere di essere nel giusto quando, già da qualche anno, vado additando quella scena come una fra le più interessanti dell'intero pianeta.
Lemur è un quartetto classico, o meglio pre-classico, e il nome preso dai simpatici primati semi-primitivi ben si adatta ad una strumentazione fatta di flauti, corno, violoncello e contrabbasso. E anche le sinfonie dei quattro suonano spesso primitive, animalesche, e paiono più vicine alla musica concreta francese e alle partiture meccaniche di Ligeti che a qualsiasi forma di jazz, compresi il free d`assalto e il free da camera. Sono i suoni della strada, della terra, del bosco, del mare e i suoni del mondo in generale a fare da guida ai quattro. Non so quanto l'ambiente in cui uno vive può plasmarne la creatività , ma pensate ai fiordi norvegesi - frastagliati e scoscesi - e ne ritroverete le geometrie selvatiche nella musica sghemba di questi figli poco ortodossi di Edvar Grieg.
Non date ascolto al racconto rancoroso degli impiccati, corde e fiati viaggiano in perfetta sintonia.
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