Scrivevo tempo addietro: «Eccomi qui a scrivere di un tot di DVD che vedono coinvolto l`amato Haino Keiji (e a breve avrete anche la recensione delle sue ultime prove audio)»; e, dal momento che ogni promessa è debito, voilà ...
“The 21st Century Hard-Y-Guide-Y Man” è il terzo CD per solo ghironda che Haino pubblica su PSF e, rispetto ai precedenti, pare essere anche il più vario ed elaborato. E` incredibile la quantità di suoni e situazioni che il giapponese riesce ad ottenere dallo strumento, facendo comunque anche uso (credo) di distorsori e diavolerie/correzioni varie. Il primo, terzo e quinto brano sono pura affabulazione elettronica. Il secondo pare suonato su una chitarra in distorsione, magari da Robert Fripp o Adrian Belew. Nel quarto, il più incredibile, a fasi nelle quali par di sentire suoni di chitarra acustica e percussioni, segue un finale annunciato da un motivo d`armonica e sviluppato su quello d`un dolente violino. Tutto questo in linea di massima, chè in realtà i suoni sono sempre cangianti e si accavallano senza alcuna sosta. Un disco che magari richiede tempo e qualche ascolto in più, ma finisce comunque per imporsi con la forza di un ciclone.
“Reverb” è invece materia improvvisata dalle qualità psico-progressive, derivanti sia dagli strumenti utilizzati (anche pianoforte e flauti) sia dal background degli strumentisti, Mitsuru Natsuno (Altered States) e Ishibashi Eiko frequentano infatti abitualmente gli ambienti dell`avant pop e dell`avant jazz nipponico. E quindi, come par logico, gli strumentisti non cercano mai la soluzione di forza (tranne nel primo brano) e si dedicano invece alla costruzione di passaggi morbidamente elettrici caratterizzati da una gracile e soffusa poesia, ma comunque sempre svincolati da forme precostituite, quindi piuttosto informali, ed estremamente disarticolati. Un disco indubbiamente più che interessante, indicato anche per coloro che vivono di sogni.
Il trio gestito insieme a Mitsuru Natsuno e Yoshida Tatsuya è, a questo punto, una delle formazioni attive più longeve fra quelle che vedono coinvolto il nostro Haino, e già esiste un CD su PSF fruttato da tale connubio ("Manjoicchi wa muko" del 2005). La storia del groppo vanta, di tour in tour, un cambio continuo di nome (prima Sanhedrin, poi Sun Head Ring, poi Sanhedolin e infine di nuovo Sanhedrin) che comunque mantiene sempre una sua assonanza per quanto riguarda la pronuncia. Il motivo di tale girandola sembra da ricercare nell`opposizione di uno dei musicisti (probabilmente lo stesso Haino) all`utilizzo di un nome (sinedrio) dagli evidenti richiami biblici. Le atmosfere sono molto più elettriche, distorte e (in linea di massima) tirate, rispetto a “Reverb”, e d`altronde sembra quasi impossibile tenere a freno quella furia di batterista che è Yoshida Tatsuya. E Haino, anche quando non è provocato, è uno che risponde colpo su colpo con sferzate di chitarra e irruzioni vocali. `Fast & loud`, quindi, con stacchi netti e una vena prossima all`hardcore più evoluto e (fulmini e saette) all`hard rock. Chiaramente Mitsuru Natsuno, figura di spicco sulla quale sarebbe utile soffermarsi più spesso, si adegua chiaramente alla verve dei compagni con giri veloci di note o con accordi secchi del suo basso che non lasciano aperto nessuno spazio fra quelle due (autentiche) furie con le quali è costretto a lottare. Un disco bellissimo, per cuori intrepidi e certamente poco indicato per coloro che vivono di sogni.
Per gli appassionati di questo settore della musica giapponese è utile un confronto diretto fra questo trio e quello corrispettivo con la chitarra di Kawabata Makoto al posto del basso (del quale abbiamo recentemente recensito due DVD).
In chiusura c`è il duo, credo inedito su disco, con il batterista degli Zeni Geva. Chiaramente, essendo l`impostazione di Masataka Fujikake più rigida rispetto a quella di Yoshida Tatsuya, il suono tende a tratti verso un hard rock più convenzionale o verso uno psico-noise più classico, con reminiscenze degli indimenticabili Fushitsusha, e soprattutto tende ad una maggiore strutturazione e ad una minore informalità . Si tratta comunque di un disco appetibile dai fan del suono giapponese, e per la caratteristica dell`incontro (che abbiamo detto essere inedito) e perchè ci mostra un altro aspetto di Haino (che affianca alla voce ed alla chitarra una cetra finnica, kantele, ed uno strumento a fiato medievale, shawm), quello del polistrumentista e del collezionista di strumenti musicali particolari. E poi, nonostante sia inferiore agli altri qui trattati, “Ashita arufabetto ga, kiete shimaimasu yo ni” è comunque un buon disco che presenta anche alcuni sprazzi da brivido, come il quarto brano a base di tamburi bassi, arpa finnica e voce, roba da far chetare anche il folkista più integerrimo, o come il sesto e l`ottavo brano, ammalati di tenera e febbricitante souledelia .
|