Cosa accomuna due formazioni, l`una tedesca, l`altra belga e soprattutto due etichette l`una sempre tedesca e l`altra italiana? Innanzitutto, entrambe le band sono un trio di musica improvvisata a cavallo tra istanze free ed elettronica. In secondo luogo, escono per due etichette che si affacciano, disco dopo disco, e con sempre più convinzione, nel mondo della impro music. Di entrambe le label ci occupiamo da sempre con molta attenzione, ed è un piacere constatare le loro evoluzioni. Partiamo innanzitutto dal trio composto da John Huges (contrabbasso), Lars Scherzberg, alto e soprano sax) e Nicolas Wiese (sampler e computer), tre figure molto attive negli ultimi tempi nei circuiti impro. “Discard hidden layers?”, si propone letteralmente di `eliminare il superfluo`, in ambito di musica improvvisata, riducendola all`essenzialità . Il loro sound pesca in maniera equilibrata tra musica contemporanea (in particolare l`uso del contrabbasso di Huges), free jazz (i fiati di Scherzberg) e la musica concreta ed elettronica (ad opera degli inserti di Nicolas Wiese). Il risultato è una serie di nove improvvisazioni che, con l`esclusione della lunga discard?, sintetizzano in pochi minuti le varie istanze di riferimento. Ripulita dagli orpelli, rimane una musica potente e terrigna (lungwire, infraredemption), a tratti nervosa (neither shivering nor calm; discard?), che colpisce allo stomaco (infra_texture 2.0) e alla mente (notevole il lavoro sul ritmo elettronico in exit choke chamber) e si concede solo pochissimi sprazzi di tranquillità (hidden disbalance, l`unica che regala momenti di musicalità in senso stretto).
A completare le uscite stagionali Amirani, vi è l`esordio di un nuova eccitante formazione belga, il trio dei ReFLEXible, composto da Joachim Devillé, alla tromba e flugenhorn (sorta di corno), Thomas Olbrechts, all`alto sax, e Stefan Prins, al piano, oggettistica e live-elettronics. Il trio si produce in quattro lunghe improvvisazioni (tutte sopra i dieci minuti) tra elettroacustica e improvvisazione di stampo free. “Realgar” rappresenta un ottimo ponte di collegamento tra le istanze più avanguardiste (vedi i vari Axel Dorner, Greg Kelley, John Butcher) e quelle free jazz. Si susseguono così ampi silenzi, rumorismi di fondo, beat elettronici ultra minimali, decise sfuriate di sax (vacuum), tra sali-scendi umorali e dal forte impatto visivo (exposed), isolazionismi elettronici (orpiment) e concrete music (l`ottima realgar).
Veramente due ottimi prodotti.
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