Il sapore del ricordo opaco e la malinconia dosata con miscele mai invadenti d`indie-music (dei Karate con meno astio) sovrastano come un cielo stellato le pieghe del debutto sulla lunga distanza dei perugini Colore Perfetto: formazione nata da un primo, timido demo nel 2006 (“Sospesi”) e maturata attraverso il flirt creativo tout cour (live `n` studio) instauratosi col folk singer Moltheni, impegnato proprio in questi primi capricci d`autunno nella diffusione in tour de “I Segreti Del Corallo”, ultimo getto bucolico licenziato sempre per la Tempesta Dischi. Ma l`etichetta discografica non simbolizzerà il solo trait d`union fra queste entità . Moltheni lascia bene impresso il personale imprinting con Un Giorno Qualunque, canzone firmata personalmente, e con una sfilza di contributi strumentali a seguire offerti insieme all`amico Giacomo Fiorenza, qui in supporto con organo e vibrafono, e più di tutto, responsabile dell`intero ambaradan: produzione del cd e registrazione del suddetto presso gli studi dell`Alpha Dept in quel di Bologna.
E` più o meno chiaro che i nostri si mantengano vicini a modelli lineari d`indie-rock, non contorti e facilmente `commestibili`; e l`attacco di una ballata quale Tempi Migliori è lì a confermarlo. La lucentezza dei movimenti armonici è associata parallelamente all`innesto nei testi di soggetti affatto banali. Se con Tempi Migliori ed Immobile Attendo staccano in prima fila la sinergia tra profonda ricerca interiore e senso di attesa («I miei pensieri labirinti infiniti / che tornano ad un unico punto / potrei contare gli anni negli occhi ardenti di passione» e ancora «Il sole è spento e non ho tempo per pensare / proseguo diritto / dopo tutto la strada è mia / la macchina è la sola compagna / non so dove sto andando / so solo che accenderò un`altra per schiarirmi le idee»), dagli scenari rallentati e notturni in Da Quella Sera erge l`ombra più consueta, ma non per questo anche più frivola, del feedback amoroso («Da quella sera un meccanismo perfetto ha trovato il suo guasto / vago pensando che un giorno ritorni da me / anche se ho paura»). Il punto più alto della scrittura, però, sarà intercettato durante Novecento la quale, curiosamente posizionata al termine della track list, farà provare nettamente una sensazione (amara e destabilizzante) di assoluta fine del XX° sec. e delle esplosioni rivoluzionarie vissute a cavallo dei settanta («Sto vivendo la tua fine / hai cosparso troppo ormai del tuo veleno / le sorgenti sono ferite [...] Novecento nel nome del dolore / della rabbia intesa come sfogo individuale / tra frastuoni di incoerenza / nelle notti al sapore di piombo»).
Non male per dei `novellini`.
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