Recensisco pochissimi dischi ormai, ma gli Airportman sono tra quei gruppi cui sento come un dovere dare voce attraverso la stampa alla quale mi affaccio qui su SandS. Questo perchè la loro proposta musicale, dotata di uno stile riconoscibile ma sempre coraggiosamente mutevole, sarebbe degna di molta più fama di quella che il gruppo piemontese, ormai attivo da tanti anni, raccoglie.
Questo “David” è ancora un concept album, così come lo sono stati quasi tutti gli ultimi lavori, sempre contrassegnati da un fil rouge di poesia che guida la musica strumentale che questi coraggiosi artisti perseverano nel fare. Colpisce soprattutto la scelta operata in termini di mixaggio, con le chitarre per lo più sullo sfondo, riverberate, allontanate ma sempre presenti, assieme al piano, a fornire un`impalcatura melodica di malinconia struggente e a volte soffocante, laddove invece è soprattutto la batteria e portarsi in primo piano. Bellissimo anche l`uso delle voci che, sullo sfondo anch`esse e sempre prive di parole, ma solo usate come soffi, cori lontani, impreziosiscono un lavoro difficile ma che forse può trovare parecchi fan tra i darkettoni prima maniera. Prendete un pezzo come “4” e vi aspetterete di sentir arrivare la voce di Robert Smith da un momento all`altro tanto le atmosfere ricordino uno dei loro capolavori degli anni `90: “Disintegration”.
Credo non occorra aggiungere altro, se non una solita nota parzialmente negativa che riguarda la produzione: le belle grafiche con illustrazioni di Chiara Dattola, avrebbero meritato una stampa su supporto più `ricco` (qui invece cascano su un digifile in cartoncino semplice) e le musiche, almeno nella copia in mio possesso, soffrono di `gap` di un paio di secondi tra una traccia e l`altra, sebbene sia chiaro che il lavoro sia pensato per non avere soluzione di continuità dall`inizio alla fine.
Resta però un disco splendido.
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