Laurent Mannoni è un personaggio d`altri tempi. Per quanto può sembrare strano, l`essere il responsabile del museo del cinema di Parigi c`entra davvero poco con la stesura di questo volume.
La sintonia per la sconosciuta storia del pre-cinema è nata quando era già in carica, presso una conoscente, durante un casuale break pomeridiano. L`incrocio del proprio sguardo con `quello` di una polverosa Lanterna Magica, esibitagli dalla padrona, farà il resto, indirizzandolo in una ricerca senza fine, estenuante, maniacale e che perdura tuttora.
Arrivato alla seconda edizione per Lindau, “La Grande Arte della Luce e dell`Ombra” è il classico mattone: seicento pagine di documentazione integerrima, basata su documenti dell`epoca, capace di (tele)trasportare il lettore negli sconosciuti `lussi` ante-litteram della settima arte. Abitualmente, con pre-cinema s`incorniciano gli esperimenti fotografici & visuali perpetrati prima del 1895: anno che tutti conoscono per l`invenzione dei fratelli Lumière, celebrata nel corso della prima proiezione pubblica (a pagamento) per opera del canonico proiettore, appena brevettato. Prima di ciò vengono inseriti tutti quei marchingegni che, dal XVII secolo all`800, si sono avvicendati nel tentativo di trasmettere al `volgo` la magia delle immagini riprodotte. Lanterna Magica, la prima, seguita in scala temporale da Thaumatropio (dischetto a cartoncino, fissato a due fili e disegnato ad entrambe le parti con soggetti i quali, girati velocemente, attuano un innocente moviment-azione di forme), Fenachistoscopio (fratello maggiore del precedente: consente di osservare figure animate attraverso le fessure praticate sulla ruota, sul cui versante opposto sono sistemati i disegni), Zootropio (tamburo rotatorio dove sono inserite delle immagini, disegnate a lieve variazione su un unico foglio di carta; l`effetto visivo creato lo incorona degno antenato - povero - dei moderni cartoni animati), Prassinoscopio (modifica dello Zootropio, fondato da un prisma di specchi in cui far riflettere le immagini), Cineografo (una vera delizia: libercolo portatile i cui fogli, fatti scorrere animosamente, partoriscono l`incanto dello `spostamento`) e Cinetoscopio; quest`ultimo è brevettato da Thomas Alva Edison, personalità resa controversa dagli storici per il dubbio sollevato in molti nel considerarlo o meno il vero padre del trapianto completo della realtà su pellicola.
Tale posizione, come molte altre, vanno contro il pensiero di Mannoni: orgoglioso transalpino, cui non manca mai la voce per rivendicare la paternità francese del cinematografo e di altre invenzioni menzionate. Comunque, ciò che interessa di più nel saggio è l`ulteriore affondo nella notte-dei-tempi. L`archeologia del cinema sembra salpare dall`XI sec. con i primissimi studi dell`arabo Alhazen sulla Camera Oscura: dispositivo ottico alla base di tutta la fotografia, usato in origine anche da Leonardo Da Vinci per studiare l`anima del sole senza provocare disturbi agli occhi. Si slega una storia, e il caso di dirlo, fitta di immagini e di aneddoti che le accompagnano. Basti pensare che parecchi inventori del seicento furono costretti per blasfemia a fare marcia indietro.
Storie di superstizione e di stupore scortano, dunque, l`avventura delle camere oscure, delle lanterne, degli specchi magici...
Come ricorda nelle prime pagine David Robinson, esistono in circolazione solo due volumi sull`argomento di un certa importanza, seminali: questo e “Pre-Cinema History” del Prof. Hermann Hecht, rivale a Mannoni per la faziosità verso i ranghi anglo-tedeschi.
Buona Visione.
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