Il primo pensiero che ho avuto prendendo in mano questo disco è andato alla grandissima Brotherhood Of Breath di Chris McGregor. Forse è stata una semplice suggestione dettata dal nome, dalle sculture in legno e dalla grande quercia che gli fa da sfondo nell`immagine di copertina. Può essere che il riferimento ci sia, come può essere che gli accostamenti siano assolutamente casuali, determinati dal fatto che il duo è composto da fratelli e da immagini relative al titolo di un disco che, quel titolo, può far riferimento a migliaia di cose. D`altronde i raffronti sono difficili a partire dal mezzo secolo che separa l`orchestra anglo-sudafricana dal duo senese e considerando proprio le enormi differenze che separano un`orchestra da un duo. I punti di contatto sembrano limitarsi al generico fattaccio che in entrambi i casi si tratta di free jazz (prendete il termine nella più ampia accezione possibile) e in alcune derive decisamente afro captabili fra i solchi di “OAK”. A questo punto potrei seguire il suggerimento dato dai due (If In Doubt Ask o If In Doubt Search), ma preferisco non indagare oltre e scambiare le mie suggestioni con la realtà , anche perchè la loro musica è riuscita a confondermi come a suo tempo mi confuse quella della Brotherhood Of Breath.
“OAK” non può essere certo considerato un lavoro innovativo, ma suona comunque fresco e nuovo, e ben si inserisce in quel movimento di rinnovamento del jazz, che ha nella Aut Records uno dei suoi punti di riferimento, con basi ben piantate nella tradizione della musica afroamericana ma permeabile agli stimoli e ai suggerimenti provenienti dalla contemporaneità e dalla quotidianità . Acquisto consigliato.
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