Ops...!, come espressione di sorpresa.
Come quando il prestigiatore fa uscire una serie infinita di cose dal cilindro.
E OPS (Okamoto, Pellerin, Sanna) ha finito con l`essere anche il nome con il quale il trio si presenta sul palco.
C`è da essere davvero sorpresi dalla verve che i tre mettono in gioco. Queste registrazioni di studio saggiano in dieci brani tutte le loro possibilità espressive, e a tratti può venirne fuori sia un linguaggio vocale disarticolato alla Butthole Surfers, sia un urlio straziante alla Patty Waters e sia una cacofonia anarchica e selvaggia alla Albert Ayler, beninteso soffermandosi solo su alcuni aspetti dei nomi citati. Di base però il linguaggio del trio è molto più poetico e sobrio, seppur quasi sempre tendente a flash di dissonanza, e tale sobrietà emerge non solo dalla maggior parte del disco ma anche e soprattutto dai concerti (a tal proposito vi ho riportato i link per andare direttamente su alcuni video di you tube, uno dei quali è significativamente intitolato il suono del silenzio).
Per la cronaca Okamoto suona quello che mi pare essere un ibrido fra contrabbasso e violoncello, Pellerin si muove con disinvoltura fra sax soprano, sax baritono, sax tenore e un gong suonato con l`archetto, e Sanna manipola la chitarra oltre ad altri oggetti (lamiere di metallo, palloncini e stracci di cellophane rosso). Ne scaturisce un sound eterogeneo figlio di varie suggestioni, all`interno del quale i tre si muovono con circospezione, come cercando di passare inosservati attraverso i suoni senza lasciare traccia del loro intervento. In tal senso trovo decisiva la presenza, e l`influenza che tale presenza esercita sugli altri, del musicista giapponese che, effetto ultimo di una millenaria cultura, riesce a plasmare il tutto di una teatralità fatta di gesti quasi immobili.
Un gran disco, concludendo, ma avendone l`occasione credo che sia ancor più interessante assistere a un`esibizione del trio in carne ed ossa.
|