“Il polmone d`acciaio” è un disco sul `900, sulle sue tecnologie e in particolare sull`applicazione della meccanica alla medicina. In tal modo è anche un disco sul secolo che ha visto affermarsi movimenti artistici come musica concreta, dadaismo, futurismo e surrealismo. Ma è anche un disco sull`eterna lotta intrapresa dall`uomo per arginare la sofferenza e la malattia. Una lotta, mi preme aggiungere, che raggiunge stabilmente gli stessi risultati delle fatiche di Sisifo.
“Il polmone d`acciaio” era stato annunciato dai tipi (?) della Tepoj Majinarte Records già nell`intervista che ci avevano rilasciato, più o meno un anno fa, ed è ormai reperibile da qualche mese in formato sia fisico sia digitale, rappresentando il lavoro più ambizioso e meglio riuscito fra quelli pubblicati finora dalla `piccola etichetta` (lombarda, verrebbe da aggiungere, seppur non sia così).
Il disco è dedicato alla macchina che ha precorso i moderni respiratori artificiali, il cui prototipo fu fabbricato a Parigi nel 1876 da un medico di nome Woillez, mentre il primo esemplare ad essere ampiamente utilizzato venne costruito a Harvard nel 1928 dalla coppia Philip Drinker / Louis Agassiz Shaw. Si tratta di una macchina che è stata molto utilizzato nella gestione della poliomelite prima che venisse scoperto il relativo vaccino. E` costituita da un tubo a compressione e decompressione nel quale viene rinchiuso il corpo dell`ammalato ed è inquietante pensare a persone che hanno passato, magari con brevi intervalli di libera uscita, dentro a questo marchingegno più di sessanta anni della propria vita (è l`australiana June Margaret Middleton, morta a 83 anni dei quali più di 60 passati nella macchina, che si è aggiudicata il Guinness dei primati).
Dietro alla realizzazione del disco c`è un opera di ricerca non solo in merito alle caratteristiche dell`oggetto, ma anche in merito alla sua storia, al suo utilizzo e al ritrovamento di `voci` d`epoca che ne magnificavano le proprietà e l`impiego.
E` proprio sul nucleo di queste voci d`epoca, trattate alla maniera dell`hip hop e accompagnate con i ritmi elettronici tipici del post industrial, che si snodano alcuni dei momenti più emozionanti del lavoro (Pressione e Decompressione, Il Cicchino e The Curse of Polio), mentre altrove risuonano autentiche `provocazioni` dada (Sonata Brademburghese per Tosse e Violino e i quattro secondi `terminali` di I wanna die hard ...). Altrove le influenze appaiono di tipo meno respiratorio.
Respiru, ad esempio, pare attraversata dai break dei tamburi.
D, The Age of 3 è un pezzo più articolato cinematograficamente.
Breathing Heaven`s Pollution è un esercizio di psichedelia hard.
Pohlmuùn e Illuminazione hanno invece un più ampio respiro orchestrale, più classicheggiante nel primo caso e più jazzy nel secondo, con Illuminazione che pone suggello al disco con le parole di una persona che vive da anni nelle spire di un polmone d`acciaio (probabilmente si tratta di un frammento da un`intervista a Giovanna Romanato).
29 Years, che fa riferimento proprio al periodo trascorso dalla signora genovese in compagnia della macchina, è indubbiamente il pezzo risolutivo del disco: una canzone trascinante e accattivante che, se promossa adeguatamente e con l`accosto dei santi giusti in paradiso, potrebbe diventare un hit di proporzioni epocali.
“Il polmone d`acciaio” è un disco utile e istruttivo.
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