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 `Ash´ // `The Great Green´ // `Futuro Ancestrale´ // `Vostok: Remote Islands´
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Autore disco: |
Ava Trio // Ava Trio // Giuseppe Doronzo, Andy Moor & Frank Rosaly // Fie Schouten, Vincent Courtois & Guus Janssen |
Etichetta: |
Tora Records (NL) // Tora Records (NL) // Clean Feed (P) // Relative Pitch Records (USA) |
Link: |
www.sands-zine.com/archiviorec.php?IDrec=2409 www.giuseppedoronzo.com torarecords.bandcamp.com www.sands-zine.com/archiviorec.php?IDrec=1998 cleanfeed-records.com www.sands-zine.com/archiviorec.php?IDrec=2221 www.sands-zine.com/archiviorec.php?IDrec=2400 relativepitchrecords.bandcamp.com/music |
Formato: |
CD // LP // CD // CD |
Anno di Pubblicazione: |
2023 // 2024 // 2024 |
Titoli: |
1) Pompeii 2) Knossos // 1) Didima 2) Maze 3) Timanfaya 4) Tsamikos // 1) Neptune 2) Hopscotch 3) Magma 4) Digging The Sand // 1) Tristan Da Cunha (Atlantic Ocean) 2) Diego Garcia (Indian Ocean) 3) Rapa Iti I (Pacific Ocean) 4) Howland (Pacific Ocean) 5) Cocos Islands (Indian Ocean) 6) Raoul Island (Pacific Ocean) 7) Vostok (Pacific Ocean) 8) Pukapuka (Pacific Ocean) 9) Solitude Island (Arctic Ocean) 10) Socorro (Pacific Ocean) 11) Rapa Iti II (Pacific Island) 12) Inaccessible Island Rail (Bird) |
Durata: |
21:20 // 39:56 // 35:27 // 55:56 |
Con: |
Giuseppe Doronzo, Esat Ekincioglu, Pino Basile // Giuseppe Doronzo, Esat Ekincioglu, Pino Basile // Giuseppe Doronzo, Andy Moor, Frank Rosaly // Fie Schouten, Vincent Courtois, Guus Janssen, Giuseppe Doronzo |
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di mare in terra |
x mario biserni (no ©) |
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Recensione concentrata innanzitutto intorno alla figura di Giuseppe Doronzo, non tanto perché lo ritenga il più importante fra gli otto musicisti che suonano in questi dischi bensì perché è l’unico presente in tutti e quattro.
Pertanto, al fine di non ripetermi, vi invito a rileggere quanto scrissi a proposito di un suo vecchio disco (basta clikkare sul primo link riportato qui sopra). In essa già accennavo sia all’Ava Trio sia all’incontro con Moor e Rosaly.
L’Ava Trio, con “Ash” e con “The Great Green” (il primo è in realtà un mini CD), tocca quota 3 e 4 dopo “Music From An Imaginary Land” del 2017 e “Digging The Sand” del 2019. All’inizio il trio, accanto a Doronzo e al contrabbassista turco Esat Ekincioglu, schierava il percussionista di origini iraniane Seyed Pouriya Jaberi, ma già dal secondo disco quest’ultimo veniva rimpiazzato da Pino Basile (collaboratore del sassofonista anche in altri progetti).
Il trio suona un jazz dalle tinteggiature mediterranee, determinate sia dalle strutture sonore sia dall’utilizzo di alcuni strumenti tipicizzanti (da parte del percussionista ma anche dello stesso Doronzo che alterna il sax baritono con il mizmar o il ney anbān). Gli stessi titoli di molti brani, il loro primo CD si chiude con Mediterranean People e il secondo si apre con Cala dei Turchi, rimandano a elementi del tormentato mare nostrum. Un mare che è, da sempre, centro di incontro e di scontro di culture, e i tre strumentisti sembrano voler mettere l’accento sul primo dei due aspetti.
In “Ash” due composizioni istantanee evocano altrettanti siti mitologicamente indicativi di antiche culture mediterranee. È un viaggio interiore a ritroso in cerca delle proprie radici, un viaggio destinato a riesumare tradizioni rappresentate dalle civiltà italiche (Doronzo e Basile) ed ellenica (Ekincioglu). La maestria nell’improvvisare dei tre è indiscutibile e la capacità d’intesa raggiunge il top in questi due brani. Il risultato è una musica tribale, mesmerica ed evocativa in grado di trasportare l’ascoltatore, come in sogno, all’interno di un universo irreale.
“The Great Green” è, al contrario di “Ash”, una suite in quattro parti composta da Doronzo.
La musica rievoca, in un certo senso, l’epopea di Ulisse, cioè una peregrinazione attraverso il Mediterraneo - il Grande Verde come lo chiamavano gli Egizi, da parte di un pescatore ignoto. L’odissea ha inizio dalle rovine di Didima, nella Costa Turchese, e prosegue fin oltre le Colonne d’Ercole, laddove il Mediterraneo si apre sul resto del mondo. Alla fine del suo peregrinare il pescatore scopre che Il Grande Verde è tutt’altro che un mondo chiuso e soprattutto è tutt’altro che un mondo monocromatico.
Tale è più o meno il senso della suite composta da Doronzo, come si evince anche da quello che hanno scritto Esat Ekincioglu e Roma Kwiatkiewicz nella breve trasposizione in versi riportata nella busta interna del disco.
Didima inizia con il fraseggio del contrabbasso sul quale si inseriscono le percussioni e infine il suono greve del sax baritono. Doronzo ha un piglio travolgente e un fraseggio limpido che fanno pensare a Sonny Rollins. Dopo varie peripezie, che toccano vari aspetti delle musiche mediterranee, la suite esplode in un tripudio di colori e sfaccettature che ricordano le festose sarabande di Ayler. Colori e sfaccettature che dovrebbero rappresentare un motivo di ricchezza e invece, aggiungo io, sono spesso motivo di sanguinosi scontri.
Come non citare, infine, l’opera dell’artista turco Can Demren, anche lui collaboratore del trio da lungo tempo, destinata alla confezione dell’album.
Quella di “The Great Green” è una grande musica da (non) consumare nel presente e un garantito materiale di studio per il futuro.
Uno dei più bei dischi pubblicati nel 2024, tanto di cappello.
A dimostrazione che Giuseppe Doronzo si è ritagliato un posto di rilievo all’interno del jazz europeo arriva “Futuro Ancestrale”, un CD in trio con Andy Moor e Frank Rosaly registrato nel tempio del jazz olandese contemporaneo (il Bimhuis di Amsterdam).
Sicuramente conoscete Andy Moor, e il percorso che dalle fila degli scozzesi Dog Faced Hermans, attraverso la presenza in gruppi seminali come Ex e Kletka Red, lo ha portato ad essere uno dei più apprezzati e attivi chitarristi della musica sperimentale contemporanea.
Di Frank Rosaly ne ho scritto nell’articolo dedicato alla “New Wave of Jazz” e almeno in una recensione – vi invito a visionarla clikkando sul link riportato sopra, citando a ragione il nome di Milford Graves (*).
L’unione fa la forza, recita un celebre motto, e il connubio di tre musicisti che hanno un considerevole seguito individuale di pubblico ha reso loro accessibili le sale dei concerti e i programmi dei festival. In realtà i tre sono anche fautori di una proposta sufficientemente originale e innovativa, arrivando a coagulare in un'unica soluzione tre esperienze piuttosto diversificate. Sulle fantasie ritmiche di Rosaly si innestano i suoni di Moor, che tratta la chitarra come un DJ tratta un giradischi, e gli icastici fraseggi di Doronzo che passa dal sax baritono al ney anbān (almeno nel CD perché nei concerti suona anche altri strumenti). Il disco si chiude con un brano ripreso dal secondo CD dell’Ava Trio, brano intriso da profondo e malinconico lirismo, ulteriore dimostrazione delle abilità di Doronzo sia come strumentista sia come compositore.
“Futuro Ancestrale” non raggiunge certo la perfezione formale di “The Great Green”, ma il fascino che emana dai suoi solchi è comunque indiscutibile.
Dal grande verde all’immensità degli oceani il passo è breve, basta superare le Colonne d’Ercole, come abbiamo visto. E il quarto disco di questo lotto è dedicato esattamente agli oceani, o meglio ad alcune isole dislocate nelle loro acque (2 nell’Oceano Atlantico, 1 nell’Oceano Artico, 2 nell’Oceano Indiano e 6 nell’Oceano Pacifico). Per la precisione il disco prende spunto dall’”Atlante delle Isole remote (Cinquanta Isole dove non sono mai stata e mai andrò)” della scrittrice e illustratrice tedesca Judith Schalansky.
Si tratta di 12 quadri sonori concepiti da un trio composto da Fie Schouten (tre tipi di clarinetto), Vincent Courtois (violoncello) e Guus Janssen (piano, organo, harmonium e clavicembalo).
«Cosa c’entra questo disco con gli altri tre?», vi domanderete.
C’entra, semplicemente perché Doronzo è presente con il suo sax baritono, in qualità di strumentista ospite, in alcuni brani del CD.
Per il resto si tratta comunque di musicisti trattati in sands-zine, o almeno s’è sicuramente scritto di Fie Schouten (specialista di clarinetto basso, e di nuovo vi invito a rileggere le recensioni ai link riportati sopra).
Le suggestioni evocate dal testo della Schalansky, e l’idea stessa di queste isole lontane dalle rotte quotidiane, si riflettono in composizioni senza tempo e mal circoscrivibili in uno specifico stile musicale. Perfetta colonna sonora, caso mai, per viaggi immaginari affidati alle ali della fantasia.
Le composizioni, stando alle note, sono frutto di un lavoro collettivo, ma l’impressione è che Fie Schouten abbia rappresentato la forza trainante del progetto.
(*) Di Rosaly è uscito in tempi recenti “Mestizx”, splendido LP in collaborazione con Ibelisse Guardia Ferragutti nel quale esplorano i due le loro origini latino-americane (tempo e altri guai permettendo lo recensirò).
Prossimi top: “Boxer Rebellion” del Looty Trio; “Extended II – For Strings And Piano” // “Duo” // “Black Forest Diary” // “Irrlicht” di Daniel Studer // Monchocé & Studer // Kimmig, Studer & Zimmerlin // Umiak; “Crescent” di Kamala Sankaram; “Vittorio Nistri – Filippo Panichi” di Filippo Nistri & Filippo Panichi; “Akystret” di Ypsmael; “Kronblade” // “Cuore Esicasta” di Irene Bianco // Casa; “First Recordings” di Lhasa De Sela & Yves Desrosiers ...
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Data Recensione: 24/10/2025 |
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`Ash´ // `The Great Green´ // `Futuro Ancestrale´ // `Vostok: Remote Islands´ |
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