Amplify 2004: Addition    di Ciro Fioratti (foto di Yuko Zama)





Premessa
L'etichetta discografica statunitense Erstwhile, creata e curata da Jon Abbey, dopo un esordio che faceva presagire un ben più ampio spettro di interessi musicali, ha presto corretto e precisato la rotta, e persegue, ormai da qualche anno, un percorso mirato all'interno dell'improvvisazione elettro-acustica.
Pur non conoscendo le motivazioni di fondo della scelta, possiamo ben immaginare che fondamentale sia stato l'incontro di Abbey con Keith Rowe, Günter Müller e con certi artisti nipponici (i primi due, in combutta con Taku Sugimoto, hanno dato vita al primo capolavoro della Erstwhile, "The World Turned Upside Down" erst005).
Ci sembra giusto sottolineare questa circostanza, perché, proprio in occasione della serie di concerti organizzati in un vero festival a scadenza annuale e intitolati 'Amplify' (in particolare quello del 2002 a Tokyo, e quello di quest'anno a Colonia e Berlino), si è avuta la sensazione di un progressivo e salutare avvicinamento, confronto e, talvolta, anche scontro tra le diverse scuole di pensiero dell'improvvisazione.
I centri che attirano maggiormente gli interessi e le attenzioni dei fautori, e dei cultori, del genere, in effetti, sono oggi quelli ospitanti i festival Amplify (New York, Tokyo, Colonia, Berlino, con la sola eccezione di Vienna, finora mai toccata da eventi live legati direttamente all'etichetta); da lì provengono molti degli improvvisatori più stimati e lì vanno a suonare i 'new comers'.
Possiamo così immaginare un discorso che, partendo da quell'erst005 prima citato, in cui i tre ambasciatori si limitano a incrociare, peraltro in modo splendido, i loro stili più personali, e passando poi per un erst018, in cui si nota una sorta di momento di rottura con Rowe che si avvicina pericolosamente alla sensibilità nipponica di Nakamura, arriva a quel punto di non ritorno rappresentato dal box “Amplify 2002: Bilance”, edito nel 2003, in cui tutte le combinazioni conosciute ed altre a venire sono prese in considerazione nel contesto live di Tokyo e fissate nella memoria grazie a sette CD ed un DVD, che descrivono molto bene tutti questi aspetti.
Facciamo notare come nello stesso anno esce un altra pietra miliare, cioè i 10 CD contenuti in "Improvised Music From Japan".
A questo punto è conseguenza logica lo scatenarsi delle prese di posizione, delle reazioni e delle discussioni attorno all'impro da parte degli artisti, della stampa specializzata e degli ascoltatori.
Siamo così arrivati a destinazione, all'appena conclusosi Amplify 2004, diviso nelle due parti di Colonia e Berlino, da cui ripartiremo per fare alcune considerazioni e cercare nuovi punti di vista.



Amplify 2004: Additinon
Dicevamo delle due parti. Questo aspetto ci pare fondamentale per comprendere le strade percorse da Abbey e Rowe (i principali ideatori dell`evento) nell'organizzare questo festival.
In entrambe le città il discorso era sviluppato su/tramite dei quartetti (da notare la preferenza solitamente accordata da parte di Erstwhile alla formula del duo).
In un piccolo foglio consegnatoci all'ingresso dello Stadtgarden, Rowe ci invitava a riflettere su questo tipo di formazione, e su come, fin dai tempi di Haydn, esso abbia rappresentato la forma preferita per la più profonda e personale delle espressioni musicali: 'Può la musica elettronica essere profonda?', 'La formazione del quartetto gioca qualche ruolo in questo caso?'
Qualche tentativo di riflessione a proposito lo troverete durante questo resoconto.



Pt.1 - Colonia (Stadtgarten)

06/05/04:
* Lehn/Schmickler/Fuhler/Prins
* Pita/Fennesz/Sachiko M/Yoshihide
* Rowe/Nakamura/Müller/Möslang
* short 12tet

07/05/04
* Müller/Möslang/Prins/Fuhler
* Lehn/Schmickler/Pita/Fennesz
* Rowe/Nakamura/Sachiko/Otomo
* short 12tet

08/05/04
* Otomo/Sachiko/Müller/Möslang
* Fuhler/Prins/Pita/Fennesz
* Rowe/Nakamura/Lehn/Schmickler
* short 12tet

Colonia prevedeva le formazioni organizzate secondo una logica 2+2, in quasi tutte le combinazioni ottenibili; le coppie fisse ricalcavano sostanzialmente quelle che troviamo nelle uscite dell'etichetta, ma anche a creare una sorta di rappresentanza di una certa area geografica e/o sonora dell'impro contemporanea: Schmickler/Lehn (Colonia), Müller/Möslang (Svizzera), Yoshihide/Sachiko M (Giappone), Fennesz/Pita (Vienna), Prins/Fuhler (Belgio), con l'unica eccezione interpretata dal duo Rowe/Nakamura, supponiamo voluta fortemente dallo stesso Abbey.
Le coppie si sfidavano sedute a formare un quadrato centrale, una soluzione già vista nelle esperienze MIMEO.
Dall'incontro/scontro di queste sei 'unità ' sono nati nove set molto vari ed eterogenei, nel suono risultante, forse anche oltre le aspettative: si è passati dall'annichilente 'disastro' digitale del set Schmickler/Lehn+Pita/Fennesz, alla paziente ma precisissima chirurgia di Rowe/Nakamura+Yoshihide/Sachiko M, per arrivare al potente flusso multicolore di Müller/Möslang+Prins/Fuhler, con quest'ultimo a manomettere un pianoforte classico.
Certo non sono mancati momenti di perplessità , di sviste, di vuoto, ma questo non può che essere segno di umanità e vitalità da parte dei partecipanti: l'improvvisazione, fortunatamente, continua a presentare i suoi rischi.
Ogni serata aveva termine con un breve set a ventiquattro mani, anche se solamente il primo dei tre è sembrato equilibrato (c'era qualcosa di Eliane Radigue nell'aria, quella sera..).
Da sottolineare l'ottima acustica quadrifonica della sala all'interno dello Stadtgarden che ha consentito ai musicisti di affinare i volumi ed i suoni, e al pubblico presente di ascoltare il tutto con attenzione estrema.



Pt.2 - Berlino (Backfabrik)

14/05/04
* Rowe/Sachiko M/Nakamura/Yoshihide

15/05/04
* Rowe/Nakamura/Neumann/Beins
* Stangl/Dieb13/Roisz/Dörner
* Butcher solo, Radian, Radian/Butcher

16/05/04
* solo sets: Nakamura, Ambarchi
* solo sets: Rowe, Fennesz
* Rowe/Ambarchi/Fennesz/Nakamura

La trasferta berlinese ha messo in luce altri aspetti interessanti; se la prima parte del festival aveva visto uno sviluppo modulare del quartetto, per questa seconda lo stesso è stato decostruito, ricomposto, ampliato e continuamente rimodellato (3+1, 1+1+1+1...); altra novità è stata la partecipazione di molti altri nomi, soprattutto tedeschi ed austriaci, non coinvolti a Colonia.
Un gruppo di irriducibili non si è lasciato sfuggire l'indimenticabile set della durata di circa quattro ore, che ha inaugurato la serie di Berlino, e che aveva come protagonisti Rowe/Nakamura/Sachiko M/Yoshihide; cercare di descrivere questo flusso ininterrotto e poliforme è inutile, basti sapere che, se si è disposti a credere alle provocazioni, tutta la musica è passata in quel fiume, rumore e silenzio compresi; incredibile la concentrazione e la determinazione dei quattro, che hanno saputo infondere negli ascoltatori l'idea che alla base quasi ci fosse una partitura 'nascosta'.
'La formazione del quartetto gioca qualche ruolo nella produzione di profondità ?', ci chiedeva Rowe già a Colonia: il quartetto appena descritto ci porta inevitabilmente a rispondere affermativamente, ma crediamo che anche la durata, il luogo e l'atteggiamento mentale abbiano un ruolo fondamentale nella creazione di tale profondità .
La seconda serata è stata certamente caratterizzata dall'ardito accostamento John Butcher/Radian; dopo un incredibile solo del primo, che ha mostrato a tutti i presenti (riduzionisti 'Onkyo' inclusi) cosa si può tirar fuori da un semplice sassofono, abbiamo assistito all'opera della 'strana coppia', risoltasi in un denso brano dalla ritmica spezzata, con imperiosi crescendo dell'inglese, che ci ha ricordato da una parte Vladislav Delay, dall'altra una sorta di God digitali. Il concerto finale del gruppo austriaco, infine, è sembrato un vero e proprio concerto rock, visto che la performance prevedeva diversi pezzi composti e suonati con precisione millimetrica, soprattutto dal batterista Brandlmayr, quasi una drum machine umana. Ad aprire la serata, in verità , ci sono stati altri due quartetti più tradizionalmente impro: Stangl/Dieb13/Dörner più Billy Roisz, a testimoniare l'interesse e le possibilità di apertura anche all'ambito video (più che ad un filmato, ci è parso di assistere ad un'improvvisazione operata su sgranate e minimali interferenze video); Rowe/Nakamura/Neumann/Beins, a sigillare il gemellaggio tra le stratificazioni di marca berlinese, inglese e giapponese e a giocare ancora su presunte partiture.
La chiusura del festival è stata affidata a quattro grandi nomi (Rowe/Ambarchi/Nakamura/Fennesz), impegnati prima in un quartetto 'esploso' in quattro solo molto diversi, intensi e personali, poi ricostruito in un'unità che ha saputo mantenere livelli altissimi durante tutto il concerto, anche qui, prendendosi gioco di tutti i pregiudizi del caso.
Una piccola nota di dissenso va al pubblico delle ultime serate berlinesi, inquieto e distratto come poche volte durante i set, ma decisamente ululante e festoso nelle brevi pause.



Riflessioni

Molte le domande con cui ci siamo avvicinati al Festival, alcune più generali e teoriche (perchè registrare questo tipo di musica, che tanto deve alle circostanze ed all'ambiente in cui è creata?), altre di carattere strettamente uditivo (come mai molte di queste improvvisazioni finiscono spesso per assomigliarsi, nonostante la grande varietà di strumenti, tecniche, esperienze e attitudini?).
Dopo molti concerti, molti pareri sentiti e molte riflessioni si giunge all'idea che durante eventi come questo Amplify riaffiora in modo prepotente l'importanza della componente umana, della fisicità dell'incontro/scontro tra musicisti, tra gli stessi e il pubblico, e tra questi attori e il luogo che li contiene; a Colonia e Berlino non abbiamo solamente ascoltato musica improvvisata di grande qualità : abbiamo visto gli sguardi vagabondi di Müller, ci siamo tappati le orecchie per le frequenze di Pita, abbiamo trattenuto il respiro per non guastare i silenzi di Sachiko, abbiamo sorriso per le sempre intelligenti invasioni di campo della radio di Keith Rowe, siamo fisicamente stati invasi dagli ultrabassi di Nakamura.
'Può la musica elettronica essere profonda?', era l'altra domanda di Rowe lasciata in sospeso: anche qui dobbiamo azzardare una risposta positiva, ma rimaniamo convinti dell'essenzialità della dimensione umana, anche solo come ingranaggio della macchina.
Quali sviluppi? Quale futuro?
Da una parte stiamo vivendo già ora la drastica presa di posizione di Sugimoto e la sua ricerca sull'attesa dell'evento sonoro; in parte lo segue Sachiko M, che più che musica sembra tessere i fili di una ragnatela, quasi fosse una Vedova Nera pronta ad uccidere chiunque la sfidi in duo; Nakamura ha dato prova che il suo No-Input-Mixing-Board suona più come uno strumento puro e ancestrale che come un marchingegno attivato con l`elettricità ; sono tempi in cui i 'guru' dell'impro europea tradizionalmente intesa, vale a dire Rowe e Müller, stanno sensibilmente cambiando il loro stile, inglobando la lezione 'Onkyo' e contemporaneamente usandola per creare qualcos'altro; e poi, come molti dei personaggi in questione ci hanno confessato, ci sono troppi laptop e troppi atteggiamenti 'fetish', troppa attenzione al suono (effetto) e poca importanza data al gesto (causa); e ancora, c'è l'avvento del DVD e del Dolby Surround, con tutte le possibilità di interazione tra suoni, immagini e spazi che sono ancora da esplorare pienamente; si è parlato, anche se solo confidenzialmente, della differenza tra presenza femminile e femminilità del suono, della scarsa attenzione verso/da parte di altri continenti quali l'Africa ed il Sudamerica per questo tipo di musica, si è approfondito il confronto tra strumenti vintage e suono digitale, tra chitarre appoggiate sul tavolo o suonate attraverso il computer, ci si è soffermati sulle percussioni virtuali di Müller, del legame tra questa cultura dell'improvvisazione e l'Occidente o l'Oriente industrializzati in cui è cresciuta, e così via...
Se vogliamo, invece, sviluppare il discorso lungo una traiettoria più pessimistica, è innegabile che siamo arrivati ad un punto di estrema formalizzazione e freddezza dove, nonostante l'estrema libertà e gli innegabili vantaggi portati dalle nuove tecnologie (laptop in primis), lo sviluppo e la ricerca dei suoni si sta impantanando in alcuni clichè fatti di frequenze ultra-basse o ultra-alte piuttosto che in vari tipi di fruscii e 'scorie' digitali. Tornando a Erstwhile, insomma, c'è all'orizzonte il 'rischio' di una fossilizzazione à la ECM, senza nulla togliere, con ciò, alla qualità sonora dello storico marchio di Manfred Eicher.
Irrigidimenti a parte, è sembrato, tuttavia, che ci sia ancora parecchio spazio di discussione, di vitalità e di voglia di inventare qualcosa di nuovo, anche e soprattutto da parte dei nomi storici, e questo rappresenta per tutti gli amanti del genere una buona speranza per il futuro.



Piccola Discografia Consigliata

“Amplify 2002: Bilance” (box contente 7 CD e 1 DVD)
(Per chi volesse saggiare almeno superficialmente la realtà di uno di questi festival; contiene anche uno splendido CD registrato in studio da Günter Müller e Toshimaru Nakamura; il DVD girato da Jonas Leddington è essenziale.)

“Improvised Music From Japan” (box contenente 10 CD)
(Per chi vuole conoscere l'ottica giapponese dell'improvvisazione.)

Rowe/Müller/Sugimoto: "The World Turned Upside Down" (Erstwhile)
(Un inizio di confronto tra Occidente e Oriente.)

Rowe/Nakamura: "Weather Sky" (Erstwhile)
(Un'incontro fondamentale di questi anni - in arrivo un secondo CD sempre su Erstwhile).

Sachiko M/Yoshihide/Nakamura: "Good Morning, Good Night" (Erstwhile)
(I tre storici rappresentanti dell'improvvisazione nipponica.)

Raku Sugifatti: Futatsu” (IMJ)
(L'ultimo estremo dell'Onkyo giapponese, da assumere con cautela.)


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