Satan is my Brother / Yellow Capra: intervista a Luca Freddi    
di Matteo Uggeri




Satan is my Brother: un nome che fa pensare al black metal, a tizi vestiti con borchie, capelli lunghissimi, trucco pesante, asce alla mano e sguardo truce. Invece sul palco vedo tre giovanotti che potrebbero essere i vicini di casa, ed al posto delle roncole borchiate imbracciano confortanti ottoni. Una addirittura è un ragazza dallo sguardo gentile. C`è poi anche un batterista, ma non ha l`aria di chi stia per prendere a bastonate una immigrato che gli ha sottratto il portafoglio, e per terra giace una tastiera. Addirittura in un angolo c`è un computer, dietro a quale fa capolino un quinto individuo magro e serio, che fa avanti e indietro tra quell`arnese (forse unica vera presenza diabolica) e un basso, tramite il quale pompa note profonde e rarefatte.
Ma la musica non è rassicurante, non lo è affatto, e quindi ci sorprende di nuovo, ci trascina nelle sue spire tetre ma seducenti, nelle sue melodie, dei suoi accenni di jazz sperimentale, nelle ritmiche a volte quadrate, a volte sfuggenti.
Dopo averli visti dal vivo mi è presa la curiosità di sapere qualcosa di più sulla musica di questi milanesi, in parte costola dei più conosciuti Yellow Capra, e quindi ho contattato Luca Freddi, bassista e uomo laptop dei SiMB, per fargli qualche domanda.



Iniziamo dal nome 'satanico': come mai lo avete scelto così? Non temete che allontani una certa fetta di pubblico che prima ancora di ascoltarvi vi scarti pensando che siate metallari o invasati di qualche genere? Oppure siete effettivamente degli invasati di una setta?
In realtà odiamo invasati e sette varie. Invece trovo il nome molto divertente. Soprattutto vedere l'effetto che fa sulla gente. Il terrore sui volti o il compiacimento (con conseguente delusione) dei fan del metallo. Alla fine tutto questo vuol dire disattendere le aspettative, sorprendere, anche dal punto di vista musicale. In un universo di 'dover essere', di 'fingere di essere', di 'apparire' Satan is my Brother per me vuol dire: non fatevi impressionare dalla facciata. Satana è mio fratello. E` uno di famiglia, lo conosco, siamo cresciuti insieme, è uno di casa. Sembra cattivo ma in realtà è tutt'altra cosa. C'è qualcosa là fuori molto peggio, guardate: ci sono le persone. E` a causa loro che stiamo cadendo a picco.

In effetti, conoscendovi, intuivo che per voi il nome fosse in un certo senso ironico... però la musica che fate ha comunque un'aura cupa, piuttosto seria. Anche quanto dici rispetto a ciò che accade 'là fuori' mi fa intuire che la vostra visione sul mondo sia piuttosto 'in nero', come la copertina del disco...
Siamo affranti, pessimisti, delusi. Le speranze sono quasi tutte abbandonate. Il buio ci attanaglia. La musica e i video che abbiamo prodotto e che compongono il live riflettono questo vagare (perchè comunque non siamo statici) intorno alla città con tutto quello che rappresenta a livello di schiacciasassi emozionale. Un viaggio che può essere anche propedeutico per una salvezza interiore. Per fuggire, per lasciarsi trasportare attraverso la notte. Ed è forse proprio durante la notte che tutto il caos si affievolisce un attimo. E noi ci buttiamo dentro. Tutto troppo serio? Non temere, pensiamo anche a sollazzarci con Tati e Goucho Marx...

Diavolo! Tati e i fratelli Marx sono comunque da riso amaro, in uno strano limbo tra umorismo e dolore, con accenni di critica sociale... A proposito di questo: come mai se di quanto ci circonda c'è così poco che via piace, non vi viene voglia in qualche modo di lottare per cambiare le cose? Forse l'attitudine punk vi è estranea, o forse non è con la musica che cercate di farlo, oppure ancora con la musica, come dici, almeno trovate una salvezza interiore?
Non ho detto che nel nostro piccolo non abbiamo fatto o non facciamo nulla. La delusione sta proprio nell'impatto contro un muro dell'azione e dell'accartocciamento su se stesso della reazione esterna. «Io l'attitudine punk ce l'ho da quando ero bambino» (variazione su quanto dice un debosciato musicista clone di Little Tony in "Kamikazen" di Salvatores). Raggirando gli scherzi, l'attitudine punk c'entra, molto, almeno per me.
Ma ti dico che con questo progetto riproduciamo in via soggettiva e artistica (??!) la realtà . Non è urlata, ma è sentita. Forse suonare serve ad esorcizzare tutto questo, dato che sicuramente suonare, come produrre una cosa personale, aiuta a lenire il dolore. Vedi che si torna alla tua domanda: fare è lottare.

Quando parli al plurale «Siamo affranti, pessimisti, delusi» sei certo che gli altri componenti del gruppo condividano questa cosa? Quanto di SiMB è composto/creato da te e quanto dagli altri del gruppo? Come si è formato il progetto?
Condividiamo tutti gli stessi sentimenti, magari le variazioni sono sui modi. Comunque la scelta-incontro tra di noi ha dato un'indubbia coesione-forza al gruppo, anche per la direzione. SiMB è partito da me come idea. Ho composto le basi elettroniche e ho girato e montato con un amico i video. Il desiderio era quello di un quartetto di stampo jazz (due fiati, basso, batteria) con le due coppie di strumenti che dialogassero tra loro, lasciando ad ognuno estrema libertà di azione per costruire la musica in divenire... un flusso di fiati su un flusso oscuro. Secondo me ci stava. Era una mia fissa da un po' di tempo.

Rispetto ai video: nel vostro show dal vivo li ho apprezzati molto, dato che nella loro serialità e continuità interferiscono poco con il processo evocativo della musica... sembra quasi che lo vogliano chiudere, che guidino l'ascoltatore nel flusso di suoni come a fissarne il pensiero.
Quando sei in auto, in viaggio, di notte, vorresti che certi pezzi che sputa fuori l'autoradio non finissero mai, come anche il tuo stesso viaggio. Non pesa più guidare, ad un certo punto. Ti senti come sospinto, immerso. Stai respirando ancora? Sbatti ancora le palpebre? Non lo sai.
Volevo proprio rendere un continuum musicale e di paesaggi esterni che rotolino negli occhi e nelle orecchie come un vortice psichedelico. Il live non è un concerto rock. Può essere una specie di installazione, offrire un pilota automatico per meno di un'ora.

Quindi i riferimenti musicali vanno dal jazz all'elettronica? Quali sono i vostri ascolti? i God, Jimi Plotkin e l'isolazionismo vi dicono qualcosa?
Ti posso dire che prima di iniziare non abbiamo deciso a tavolino cosa fare, ma il prodotto finale è scaturito da un batterista che ha sempre suonato pop-rock-dark (e i suoi ascolti sono tuttora questi), io che sono passato dall`hardcore-punk al post-rock, poi all'ambient e all'elettronica, ma sempre con un orecchio a un certo tipo di dub (King Tubby). Poi ci sono i due fiati che non avevano mai suonato insieme e che ascoltano anche cose diverse che vanno dal jazz all'indie rock. Il jazz, come dicevo, è fatto soprattutto dai due fiati, dall'impro e dall'idea di quartetto, mentre l'elettronica doveva donare un tappeto oscuro su cui giocare liberamente. Ho ascoltato saltuariamente i nomi che citavi tu. Credo che involontariamente abbiamo trovato un posteggio nell'open space dell'isolazionismo per la ripetitività delle armonie e poi per la sensazione di solitudine con un pizzico di disagio. La frittata è fatta.

Come vi sentite alla fine del concerto? una cosa che ho apprezzato è la vostra freddezza sul palco, soprattutto in un contesto, come quello del Tagofest, dove fanno da padrone le guitar band agitate. Per certi versi mi avete riportato alla mente un live dei Godflesh che vidi ai tempi del tour di "Selfless"...
Mah, il palco non deve far cambiare quello che siamo fuori da lì. Non ci trasformiamo in 'personaggi' oltre a non essere sicuramente degli animali da palco... Il concerto è un momento in cui abbandonarsi, farsi trasportare dallo scorrimento dell'elettronica, punteggiare, incrociare, dialogare tra noi, ed entrare come in una bolla. Alla fine del concerto tutto è passato ma è come essere stati in un altro luogo, non lì insomma. Divertente: era la stessa sensazione che volevamo proporre al pubblico e invece ci si è rivoltata contro, agguantandoci!

Rispetto al live, è curioso quanto dici, dato che molti musicisti invece si trasformano quando sono lì sopra... Certo è diverso per chi fa elettronica, e voi per certi aspetti mantenete tutti un atteggiamento da musicisti di quell'area pur suonando strumenti differenti... Di quel campo chi sono i vostri riferimenti?
Parlando di elettronica di varie sfaccettature ti direi Autechre, Aphex Twin, Labradford, Murcof, Kim Hiorthoy, Peace Orchestra e il lato più jazzistico di Tied + Ticked Trio e Jaga Jazzist

Come si integra tutto questo allora nel mondo dei forse più 'leggeri' Yellow Capra? Puoi parlarmi un po' anche di quel progetto? Come nasce e in che modo procede?
E` il dark side of the yellow moon. A parte gli scherzi volevo lavorare maggiormente sull'elettronica e meno sui passaggi matematici. Più ossessività rispetto ad aperture più 'pop'. Ma è stata anche la necessità di aprire una finestra a fianco a sei anni di stretto contatto con 6-7 persone (che non è una cosa semplice contando le radicali diversità dei componenti).
Yellow Capra è nato come ensemble da camera con un piglio rock, anche perchè fisicamente suonavamo in una camera di una casa con strumenti classici a fianco di basso-chitarra-batteria. In sei anni abbiamo fatto uscire 2 ep, 2 dischi e fatto colonne sonore per cortometraggi e documentari, musiche per pubblicità e per il teatro. In questo momento siamo in fase di rimescolamento, sospensione, progettazione di futuri lavori. Chi va, chi arriva, chi ci ripensa, chi pensa ad altro, chi pensa avanti.

Le due etichette che licenziano i vostri lavori sono piuttosto diverse... Come è nato il rapporto con Piloft e Boring Machines?
Sono sicuramente diverse. Ma sono due visioni personali del mondo musicali, ed apprezziamo entrambe. Sono due presenze con il cuore in una mano e la passione nell'altra.
Con Piloft la conoscenza proviene da amicizie bergamasche del nostro batterista con il passaggio dall'apprezzamento da quanto fatto nell'ep della Wallace e nei primi concerti. Piloft ci ha sempre supportato e sopportato.
Con Boring Machine la conoscenza si era intessuta per via degli YC. Abbiamo fatto sentire il nuovo progetto SiMB a qualcuno, ma in maniera anonima. Boring Machine è rimasto da subito entusiasta, anzi, di più! Lui è il quinto fratello. Un motore e una mano che ti spinge in tutte le direzioni.

Sembra che tra SiMB e YC lo spettro che viene coperto in termini di generi musicali sia piuttosto ampio... C'è qualcosa di completamente nuovo che prevedi o prevedete di fare?
Con SiMB pensiamo di misurarci su composizioni più brevi, di lavorare su mediometraggi di Derek Jarman e produrre qualche video nuovo. Tema: la foresta.
Con YC, mentre il gruppo si ricompone, l'idea è quella di musicare "In girum imus nocte et consumimur igni" di Debord.
Poi c'è il mio progetto solista Musil, di cui è uscito il disco sulla netlabel Vuoto. Vorrei portarlo dal vivo. I visual sono già pronti...

A quanto so non avete fatto molte collaborazioni: è una cosa che vi stimola questa? Ci sono artisti con cui vorreste fare qualcosa?
Con YC è difficile collaborare: siamo già in sette, e sono sette teste diverse. Diciamo che già il gruppo è una 'collaborazione'.
Con SiMB invece siamo saliti sul palco coadiuvati da vari personaggi, vecchi e nuovi amici. Da Be Invisible Now ad Antonello (dei YC), da Sergio Montemagno (Nursery Quartet) a, prossimamente, Genecyst (Call of Christ).

Qualcosa in più che vuoi dire, scrivere? Progetti proibiti per il futuro, oltre a quelli elencati?
Ci piacerebbe suonare nei teatri con SiMB. Sogni mostruosamente proibiti, come recitava il titolo di un film con Villaggio.



Formazioni:

Satan is My Brother
Luca Freddi: basso, tastiera, laptop, effetti
Marco Fornara: batteria
Alessandro Midlarz: sax, tastiera
Stella Riva: trombone

Yellow Capra
Massimo Gardella: chitarra
Antonello Raggi: tastiera, laptop. visuals
Francesca Giomo: violocello
Caterina Giomo: flauto
Luca Freddi: basso
Alessandro Midlarz: sax
Giannadrea Tintori: batteria, visuals




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