St.ride - Intervista a Maurizio Gusmerini    di Matteo Uggeri







Ho scoperto gli St.ride tramite un altro dei collaboratori di questa webzine, che mi disse di scriver loro per chiedere di mandarmi “Piume che cadono”, al tempo (2006) il loro ultimo disco.
Da lì ho cominciato a scoprire il loro mondo e quello della Confraternita, che comprende anche altri curiosi personaggi come Mongoholi Nasi e il misterioso Rino Salamone, ma più di tutto ho conosciuto le dinamiche e le poetiche che stanno dietro alla loro multiforme musica dalle parole del gentilissimo Maurizio Gusmerini. Con lui, tra una domanda e l`altra, è cresciuto un tale interesse artistico reciproco che si è finito per decidere di collaborare anche musicalmente (ma questa sarà un`altra storia). Per ora, ascoltatevi le loro ultime release in mp3, o procuratevi i CD: ne vale la pena. Scoprirete una varietà di influenze più o meno conscie e non sempre legate direttamente al mondo musicale, che vanno dalla rarefazione di Satie alla ruvidezza dei Pan Sonic, sempre sul filo di un minimalismo che stempera nell`ironia il suo potere evocativo, passando dal fantasma di Duchamp agli haiku giapponesi.
Un grande incompresibile casino? Forse, ma vale la pena di immergervisi, senza troppi timori.



Una prima cosa che mi ha colpito all'ascolto di "Piume che cadono", primo vostro disco con cui sono entrato in contatto, è il fatto che in qualche maniera traspariva una sorta di esperienza nei suoni e nei concept dei titoli (su cui torneremo poi). In qualche modo, ho indovinato una vostra età non giovanissima. Mi puoi fare una breve anagrafica dei membri di St.ride e della Confraternita? Da quanto tempo suonate, ed in che modo avete cominciato?
Siamo tutti sopra i quaranta, Uomi è il più giovane e Mongoholi Nasi il più stagionato (più di cinquanta - però ne dimostra di più).
Edo ha cominciato intorno all'80 a sperimentare con nastri, onde corte, suoni sintetici e d'ambiente, occupandosi principalmente di sonorizzazioni per eventi e mostre nelle gallerie d'arte.
Poi si è dedicato stabilmente al lavoro di tecnico di studio.
In questo lungo periodo ha avuto modo di lavorare, tra gli altri, con Giampiero Reverberi, Umberto Bindi e Vittorio Gassman (che venne in studio per preparare le sonorizzazioni per Moby Dick).
Nel '98 ci siamo conosciuti tramite Rino e da lì siamo partiti. Al contrario di Edo, io non avevo mai suonato niente prima di allora. All'inizio mi sono dato da fare con giradischi, nastri, onde corte etc, in seguito, utilizzando dei microfoni, ho potuto allargare la gamma degli strumenti (chitarre, tastierine, voce, batteria elettronica e oggettistica varia).
Tutt'ora continuo a coltivare la mia imperizia tecnica cercando di privilegiare il lato istintivo.

Nel percorso artistico che ricostruisco tramite la vostra discografia, mi pare di riscontrare un progressivo 'sfoltimento' di orpelli e strutture ordinate su ritmi in 4/4. So del tuo amore per Satie... è dunque questa una scelta precisa o qualcosa che è sortito in modo spontaneo?
Dopo l'uscita del primo cd ci sentivamo troppo `costretti` dal metodo che avevamo utilizzato, avevamo bisogno di liberarci dall'inesorabilità della macchina. Abbiamo registrato un altro cd senza riuscire a trovare una via d`uscita, e l'abbiamo cestinato.
A quel punto abbiamo cercato di andare all'osso delle nostre cose, mettendo a dialogare delle sezioni di mie performance con le sonorità prodotte da Edo con un programma di synt e ritmi, e cercando di utilizzare il minimo indispensabile di ciò che ogni pezzo richiedeva.
In conseguenza al metodo, più istintivo-improvvisativo, le strutture in 4/4 sono un po' più rare.
In ogni caso non è una direzione definitiva. Molto dipende dalle cose che impariamo col tempo, e molto dal tipo di interazione che si instaura in quel momento tra di noi.
Satie (tra le altre cose) prescriveva la concisione, praticava la massima parsimonia sonora e coltivava l'ironia. Per noi quelli erano tre obbiettivi.

Puoi citarmi alcune altre influenze tue e degli altri della confraternita?
Penso che le influenze che delineano davvero in profondità il nostro animo siano quelle che incorporiamo da bambini, ma non te le saprei raccontare perchè vengono a galla quando vogliono loro... di sicuro ti posso dire le più recenti: ad esempio, quando lavoravamo su piume, abbiamo scoperto gli haiku. Ci impressionò molto la loro capacità di `permetterci di intuire l'insondabile, senza simbolizzare nulla, e senza la pretesa di avere un significato`, tutto grazie ad una sintesi estrema.
Dal mio punto di vista personale, poi, sono piuttosto importanti le influenze extra musicali, come Joseph Beuys, Bruno Munari, Frigidaire, Cézanne, Matisse, J.L. Borges (...sai, "Finzioni" è piuttosto breve, così sono riuscito a leggerlo almeno 2 o 3 volte)...
Da un punto di vista più musicale amo molto Captain Beefheart, John Cage, Sun Ra, Pan Sonic, P.I.L., Art Ensemble of Chicago, Led Zeppelin, Derek Bailey e Enzo Jannacci.
”Sinistri” e “Infrantumi” degli Stafuckers mi colpirono molto, sono quei dischi che ti fanno capire che certe cose si possono fare, che bisogna avere del coraggio.
Edo, invece, ha un background hard/metal e un debole per Bill Laswell. E` anche un grande appassionato di cinema (ultimamente mi parla molto di Herzog).
Rino ama The Smiths, “154” degli Wire, The Fall e i Genesis.
Mongoholi Nasi ascolta solo la radio.
Uomi la musica tradizionale finlandese e la Warp.

Con l'esclusione di pochi nomi, molti paiono appartenere al passato non recentissimo. C'è qualcosa che apprezzate del panorama moderno, oppure anche voi siete, come molti altri, stufi di setacciare il profondo catino degli epigoni per torvare qualcosa di originale?
Forse siamo un po' lenti a capire le cose... I Wolf Eyes e gli Excepter, comunque, ci piacciono molto.
In effetti non ha senso dare priorità solo alle novità , la qualità è atemporale, Bach mantiene tutto il suo valore anche se ha 300 anni, e che valore!

Sentendoti parlare di Haiku e letteratura, mi permetti di riallacciarmi direttamente ad uno degli aspetti che più mi ha colpito della confraternita in generale, ossia l'attenzione ai titoli. In "Piume che cadono" ad esempio, sono estremamente stimolanti, intriganti e, appunto, ironici. Perchè nei primi lavori invece questo sembra un po' mancare?
La nostra musica non ha testi, quindi il ruolo della comunicazione verbale è lasciato tutto al titolo.
Abbiamo preferito suggerire o alludere per provocare associazioni e contrasti dal confronto con i singoli brani, piuttosto che definire dei soggetti o degli argomenti che rischiavano di ingabbiare l'ascolto. Utilizziamo un piccolo archivio di idee (continuamente consumato e rinnovato) che nascono sia in conseguenza alla musica, sia per proprio conto.
C'è sempre un legame tra titolo e pezzo, una sorta di chiave del mistero.
All'inizio questa relazione non c'era perchè non ci avevamo ancora pensato, e non avevamo ancora sviluppato i mezzi necessari.

Ancora parole: alcuni di voi si nascondo dietro pseudonimi, tra tutti il più folle Mongoholi Nasi. C'è una ragione? Volete applicare una sorta di strategia alla Residents, è per mantenere la privacy o, ancora, ironia?
Lapalissianamente perchè a qualcuno di noi piace avere uno pseudonimo.
Mongoholi Nasi ha scelto questo nome per amore di Laszlo Moholy-Nagy (e i suoi modulatori-luce-spazio) e di Stefano Tamburini (che adottò il nome Mongoholy Nazi per una celebre `bufala` su Frigidaire).
Nessuna obscure strategy, sul sito siamo visibili. Scorrendo la sezione `la confraternita` c'è una mini-bio per ognuno, cliccando sul nome compare la foto relativa.

Qual'è il vostro rapporto con l'elettronica? Sembrate usarla, a quasi in maniera accessoria...
Direi che è uno strumento ci permette di mettere in pratica le nostre idee, in questo senso ci è indispensabile. Amiamo molto i suoni del synt e delle batterie elettroniche, ma ci piace farle dialogare assieme ad altre sonorità .
L'elettronica è una componente del nostro suono, ma, per quello che facciamo, da sola non basta. Abbiamo bisogno dell`elemento umano, che s'incespica, che agisce fuori dalla `logica`, che privilegia l'istinto. Talvolta si instaura una dialettica, altre volte un conflitto, ma speriamo sempre che accada qualcosa di inaspettato, o di misterioso.

«Se vogliamo inserire delle articolazioni sonore complesse, ci basta inserire qualcosa di causale»: questa frase, dal vostro sito, è molto interessante, e si riallaccia a quanto dicevi prima sull'elettronica.
Quanto conta il caso nelle vostre musiche? Non credete che più che caso a volte si tratti di intuizione, di una sensibilità non razionale che guida alcuni vostri gesti e scelte?

Sono d'accordissimo con te sull'importanza dell'irrazionalità e dell'intuizione. Infatti il nostro lavoro non è basato sulla casualità (bisogna essere troppo bravi per poterlo fare), anzi, volta per volta, poniamo dei limiti piuttosto precisi al nostro modo di lavorare, però ci piace tenere conto dei suggerimenti dati dal caso.


So che anche voi vi state un po' buttando su release mp3, ma questo dopo aver esordito per Snowdonia e poi pubblicato un secondo CD su Zeit Interference (una sub-label della Lizard): non vi sembra una sorta di involuzione? Oppure è un tentativo di approdare ad un maggior numero di ascoltatori? Puoi darmi una tua opinone sul tediosissimo argomento della musica online per favore?
Fare un cd ufficiale è sempre una cosa importante, soprattutto per la visibilità tramite le riviste e le -zine, ma, per farci effettivamente ascoltare, pubblicare online è un'ottima opportunità (se qualcuno non può scaricare da internet, ci può scrivere, che gli mandiamo un cdr). Inoltre possiamo decidere tempistiche e modalità secondo le nostre esigenze.
Sono favorevole al reperimento gratuito della musica in rete, e non credo affatto che non si vendano più cd a causa del free download. Semplicemente la musica non è più così importante per i consumatori, è diventata l'accessorio di altri prodotti. Chi è davvero interessato ha la possibilità di trovare cose di ardua reperibilità , e di informarsi ad un costo ragionevole.

Ancora su parole e musica: spiegami La solitudine del pino marittimo.
E` un titolo un po' leopardiano.
Il suono del pezzo mi evoca lo scricchiolìo di un albero che lotta col vento dei nostri inverni, una cosa molto vicina alla solitudine del percorso di una persona.

Continuiamo sulle evocazioni dei titoli, che personalmente mi interessano moltissimo. Te ne dico 4: La moda del respiro, Il periodo delle h omesse, Tokio, Texas , Tu sei la mia pentola.
La moda del respiro era in origine un'altro brano, che poi abbiamo sostituito con quello attuale, mi ricordava le variazioni del respiro di qualcuno che fa jogging, inoltre c'è una bellissima canzone di panella-battisti che dice la moda `nel` respiro. Sostituire `nel` con `del` dava una variazione di senso interessante...
Il periodo delle h omesse l'abbiamo estrapolata da una chiaccherata di Rino sui suoi trascorsi adolescenziali. Si addiceva al pezzo che è una versione autistica dell'indie pop.
Tokio, Texas, più banalmente, per una certa assonanza della chitarrina che suono in quel brano con il Ry Cooder di Paris, Texas (che, tra l'altro, Rino ed io abbiamo amato moltissimo).
Tu sei la mia pentola non saprei spiegartelo neanche io, è qualcosa che viene dal subconscio, credo, ritengo che possa riferirsi ai rapporti di potere tra le persone, probabilmente c'è anche del sado-masochismo. Anche il pezzo è così, una pentola piuttosto vuota di ingredienti, con dello spazio dentro e fuori per liberare i rapporti di forza tra un suono e l'altro.

Dato che non siete giovanissimi, immagino che lavoriate e che magari abbiate famiglia. Senza entrare nei particolari, come riuscite a conciliare le attività musicali con quelle private e con il lavoro?
Edo ha rinunciato a parte del suo impegno lavorativo, e io sacrifico la famiglia.

Se continuate a suonare immagino che ci siano delle ragioni ed anche dei ritorni: quali sono finora le grandi soddisfazioni che vi siete tolti, musicalmente parlando?
L'unica ragione è la passione, dato che al momento non c'è alcun ritorno economico, anzi.
Siamo abbastanza soddisfatti di ciò che abbiamo musicalmente prodotto fino ad oggi, ma ci diamo dentro per cercare di migliorare sempre. Più prosaicamente direi che le soddisfazioni musicali arriveranno quando saremo pagati per fare quello che facciamo.

Ok, direi che ci possiamo avviare all`epilogo con un classico `progetti per il futuro`?
Abbiamo in programma un ep per Marsiglia Records di Matteo Casari, che sta facendo moltissimo a Genova, una Sparkling Sodality con Hue (un bravu figgeu) e sviluppare l`attività live.
Abbiamo anche del materiale di Mongoholi Nasi e stiamo pensando a come farlo uscire.


Per chiudere: mi descrivi con parole poetiche la scelta del bellissimo nome St.ride, che pare offrirsi a 100 interprestazioni?
Un incarico poetico mi spaventa un po', forse è meglio che ti racconti semplicemente com'è andata.
Come hai accennato tu, l'idea era proprio quella di lasciare ampia possibilità di interpretazione, ed anche di libera pronuncia del nome.
All'epoca frequentavo degli amici dark che organizzarono una seduta spiritica, di quelle con la tavoletta con la lettere, con l'intenzione di richiamare il fantasma di Marcel Duchamp.
Effettivamente qualcuno rispose.
Ogni volta con una parola che cominciava per "st" (strade, storto, stefano, stalker, stronzo e stanze).
Non so bene cosa significasse tutto questo, però St.ride viene da lì (per il punto in mezzo ho dovuto martoriare gli altri ancora per un po').
Dal mio punto di vista è disagio (`stride`) e umorismo (`ride`).


Discografia:
“St.ride”, CD, Snowdonia/Mizmaze, 2000
“Piume che cadono”, CD, Zeit Interference, 2005
“St.ride Sucks”, mp3, St.ride, (www.st-ride.it)
“Carne al fuoco”, mp3, rudiMENTALE (www.rudimentale.com)

Per St.ride la formazione è sempre Edo Grandi - Maurizio Gusmerini.
La presenza di Rino Salamone annotata nei due cd ufficiali non è strettamente legata all'aspetto musicale del progetto.



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