Eccovi un top che fa pendant con il top precedente, non tanto perché i due dischi sono simili, quello era un disco jazz e questo è un lavoro di elettronica post futurista, quanto perché i due autori hanno un percorso che li ha visti collidere in più occasioni (ricordo il duo Timbuctu e la rilettura delle musiche di Monk effettuata in “MonkTronik”).
Fega non demorde e sullo sfondo dei suoi montaggi di suoni rubati e creati bruciano sempre vividi riferimenti socio-politici, che alludono sia al perpetuarsi di gravi (s)tragedie (8 August 1956 – 18 April 2015) sia a speranzose esperienze di democrazia popolare (come quelle del Chiapas e del Kurdistan Siriano). Tutto il disco rappresenta comunque uno spaccato della congiuntura attuale nel mondo (il titolo del disco va un po’ inteso come urla del pianeta, vedi l’intervista con lo stesso Fega al link riportato sopra), e nella tipologia dei suoni e nei richiami dei titoli (tutti piuttosto espliciti).
L’impronta di maestri come David Shea e Otomo Yoshihide è manifesta, ma in Fega la sperimentazione, la ricerca e l’utilizzo della tecnologia non vanno mai a detrimento dell’eleganza, della poesia e del piacere d’ascolto.
|