`Natura Morta´ // `Blind Sun New Century Christology´ // `Dust & Mirrors´

Autore disco:

Andrea Belfi // Stefano Pilia // Belfi, Grubbs & Pilia

Etichetta:

Miasmah Recordings (D) // Sound of Cobra (D), Tannen Records (I) // Blue Chopsticks (USA)

Link:

www.miasmah.com
www.soundofcobra.com
www.tannenrecords.com
www.dragcity.com/products?filter_label=BC

Formato:

LP // LP // LP, CD

Anno di Pubblicazione:

2015

Titoli:

1) Oggetti creano forme 2) Nel vuoto 3) Roteano 4) Forme creano oggetti 5) Su linee rette 6) Immobili // 1) Ada 2) Dark Was The Night (Cold Was The Ground) 3) Butterfly Aeon 4) Stand Behind The Man Behind The Wire 5) What Are They Doing In Heaven Today 6) The Blind Moon 7) The Blind Sun 8) Getsemanhi Crickets Night Air 9) The Cross Peregrin Falcon N.C.+ 10) Little Ada 11) Golgotha Chamaleon 12) Children Ghost // 1) Charm Offensive 2) Brick Dust 3) Cool Side of the Pillow 4) The Distance, Cut 5) Ambassador Extraordinaire 6) The Headlock 7) Foamy Originale

Durata:

35, 40 e 36 min. ca

Con:

Andrea Belfi // Stefano Pilia, Rodrigo D`Erasmo, Riccardo Biondetti, Francesco Bolognini, Xabier Iriondo, Andrea Belfi, Massimo Carozzi, Massimo Pupillo // Andrea Belfi, David Grubbs, Stefano Pilia

dal nero al bianco

x Mario Biserni (no ©)

Andrea Belfi e Stefano Pilia, se non sbaglio, si sono conosciuti a Firenze durante la terza edizione della rassegna "Superfici Sonore", ed è lì che per la prima volta hanno suonato insieme durante la cosiddetta performance della rete. Da allora ne è trascorso di tempo, dodici anni di duro lavoro, e i due sono oggi gli strumentisti italiani più apprezzati a livello internazionale, almeno per quanto concerne l`ambito musicale al quale questa no-zine fa riferimento. Fanno testo le collaborazioni con Carla Bozulich, Rokia Traoré, Mike Watt e David Grubbs. A queste si aggiungono le collaborazioni con importanti realtà nazionali, passate e più recenti con Afterhours, Massimo Volume, Alessandro Fiori, Xabier Iriondo e Roberto Bertacchini (in Cagna Schiumante), Claudio Rocchetti, Alessandro De Zan e Riccardo Biondetti (negli In Zaire), Rocco Marchi e Francesca Baccolini (negli Hobocombo). Per il passato vanno assolutamente citate pagine seminali quali ¾ HadBeenEliminated, Rosolina Mar e Christa Pfangen. Chiaramente non sempre compaiono entrambi, ma fanno comunque coppia fissa in due fra le più importanti situazioni che ho riportato (i trii con Grubbs e Watt). A tutto ciò si aggiungono, per ambedue, delle apprezzate attività soliste, all`interno della quali sono sicuramente da citare i CD pubblicati dalla prestigiosa Die Schachtel: “Knots” di Andrea Belfi e “Action Silence Prayers” di Stefano Pilia. E poi c`è un`intensa attività sia concertistica sia a livello di installazioni.
Mi pare quindi non solo logico, ma pure inoppugnabile, che la pubblicazione quasi in contemporanea di nuovi dischi solisti da parte dei due bardi rappresenta per Sound AND Silence un evento davvero speciale, di quelli da festeggiare con tanto di spumante. Se poi i due dischi hanno la qualità di “Natura Morta” e “Blind Sun New Century Christology” si può ben passare dallo spumante allo champagne.
Il disco di Belfi riesce a coniugare trattamenti elettronici e suoni acustici, sperimentazione e piacevolezza, astrazione e fisicità . “Natura Morta” è il disco di Belfi nel quale il suono dei tamburi è più individuabile come tale e, in tal senso, è quello dalle influenze afro più marcate, seppure diluite in atmosfere evocative e visionarie. D`altro canto è pure nitida l`influenza delle colonne sonore, della musica per immagini, tese e drammatiche, che scorrono sull`orlo di un precipizio. La sua, al pari di quella narrata dal Miles di “Filles de Kilimanjaro”, è comunque un`Africa evocata più dalla tensione che dal trambusto. Il disco è comunque anche una finestra aperta sui cosmi, micro e macro, che ci gravitano sia al di dentro sia al di fuori e, così visto, è come una di quelle nature che appaiono morte ma sono ben vive.
Stefano Pilia sembra muoversi un passo oltre, o meglio a lato, laddove l`Africa incontra la cultura bianca, cioè nell`America del blues. E quella per il blues, e per musicisti di frontiera come Ry Cooder, assume in “Blind Sun” l`aspetto di una vera ossessione. Pilia è blues, nel profondo dell`anima, non solo quando riprende vecchi brani di Blind Willie Johnson e Washington Phillips, ma anche quando trasfigura la materia alla maniera di Blind Joe Death. E` blues nei raga e nelle escursioni noise, così come è blues quando sembra voler dare credito all`errore digitale (Ada). Il suo, più che una finestra aperta, è un autentico viaggio in un cosmo interiore, alla ricerca della bellezza perduta. Ciò che m`ha sempre colpito nella sua musica, nonostante sul palco lui riesca a diventare un`autentica belva, è proprio il fatto che non c`è mai acredine. Pilia, in origine un contrabbassista, è oggi uno dei migliori chitarristi in circolazione e sa destreggiarsi sia all`elettrica sia all`acustica. Lo dimostra reggendo alla grande i 40 minuti di questo LP, direi in solitudine, perchè i pochi interventi occorsi in suo aiuto sono essenzialmente a base di strumenti a percussione.
Sia Belfi sia Pilia interpretano appieno la contemporaneità , una contemporaneità che impone allo strumentista la capacità di adattarsi ai più svariati contesti e di saper leggere e interpretare, almeno in parte, i numerosi linguaggi di un panorama musicale che è più frastagliato delle coste norvegesi. Viste in questa logica le collaborazioni citate a inizio recensione, che possono apparire incongrue, hanno una loro ragione d`essere. Sono finiti i tempi in cui Jimmy Page era i Led Zeppelin e Keith Moon gli Who.
Fra le collaborazioni extra che vedono affiancati i due bardi particolare rilievo è rivestito da quella con David Grubbs, vista la sensibilità artistica che da sempre contraddistingue l`ex Gastr Del Sol, e che con “Dust & Mirrors” giunge al suo secondo capitolo, senza considerare la presenza dei due nell`ultimo album a suo nome.
Polvere e specchi è un titolo che ben rappresenta il clima ovattato e rarefatto che, in linea di massima, si respira nel disco, in bilico fra suggestioni progressive, psichedeliche e minimaliste. Charm Offensive, strumentale di quasi 15 minuti, è il pezzo forte: un dialogare di chitarre fatto di continui rimandi e ritorni, di stacchi, di brevi crescendo spinti dolcemente avanti dal drumming sornione e melodico di Belfi. E` un po` tutto il disco, poi, a ripercorrere queste atmosfere meditative, salvo caricarsi di elettricità in Ambassador Extraordinaire e The Headlock, che sembra spingersi addirittura verso territori hard rock, e cadere infine in un baratro di oscure risonanze. Sembra che la sensibilità musicale di David Grubbs, e la sua cultura, abbiano trovato nei due musicisti italiani il contraltare perfetto.
Io mi fermo qui, ma il lettere farebbe bene ad andare oltre nella ricerca delle altre collaborazioni e degli altri progetti dei due, presenti e passati, 'chè ne vale la pena.


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Data Recensione: 28/5/2016
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