Questi tre dischi sembrano essere latori dello stesso motivo: la collaborazione a quattro mani fra un musicista italiano e un (importante) musicista straniero. In realtà si tratta di tre lavori essenzialmente diversi, sia nelle musiche proposte sia nel tipo di collaborazione che ha portato alla loro realizzazione. Quella fra López e Sigurtà , ad esempio, è una collaborazione per procura, o meglio si tratta più di un confronto che di una collaborazione. I due, a partire dalla medesima fonte sonora, hanno elaborato in assoluta autonomia i propri brani. Sembrerebbe, sulla carta, un confronto privo di rischi, dal momento che i due artisti frequentano lo stesso ambito sonoro. E, a conti fatti, rischi non ce ne sono, anche se lo svolgimento segue un percorso ben diverso da quello che era lecito preventivare. I due sembrano infatti infiltrarsi l`uno nel mondo dell`altro. E` così che Sigurtà mette in scena quelle valanghe di suono tipiche dello spagnolo mentre quest`ultimo brancola in quelle rotte disseminate da grumi di microsuoni che rendono speciali le navigazioni del piemontese. Più audace, sempre sulla carta, è l`incontro fra il chitarrista, e concertista, Sergio Sorrentino e il manipolatore elettronico Rutger Zuydervelt (meglio noto come Machinefabriek), incontro che sembra essere avvenuto egualmente per procura. La procedura seguita è infatti quella di 13 composizioni eseguite sulla chitarra (classica nel primo brano ed elettrica nei restanti dodici) da Sorrentino e in un secondo tempo sporcate dalle pennellate dell`olandese volante. Da un canto suo Machinefabriek non è nuovo alle collaborazioni più estemporanee, mentre ho idea che per il chitarrista si tratti di una trovata forse non proprio inedita ma quasi. E` abbastanza difficile riconoscere il suono della chitarra all`interno di queste distorsioni elettriche e/o meccaniche. Cazzo se mi sarebbe piaciuto un doppio CD con nel primo i materiali registrati da Sorrentino allo stato iniziale, in modo da poter capire dove arriva la sua mano e dove iniziano i trattamenti e le modifiche di Zuydervelt. Anche così, in questa veste unica e definitiva, il disco è travolgente e, lo dico senza parafrasare, è il mio preferito all`interno di questo trittico comunque interessante nel suo insieme. Perchè anche l`”After-Dinner” firmato Russell - Ferraris ha più d`un motivo per farsi apprezzare. In questo caso la collaborazione avviene per contatto diretto, e la lunga improvvisazione che mette a confronto la chitarra acustica dell`inglese e l`elettrica (più effetti) dell`italiano trasuda fisicità e spirito d`avventura, come un viaggio in una terra inesplorata. Tre stanze, tre(dici) vignette e tre giornalini per altrettante prassi collaborative. Tre CD che proiettano altrettanti musicisti italiani verso una logica internazionale. In una fase storica come quella attuale, con il bel paese culturalmente chiuso dentro al suo culo, suonano come una bella scorreggia liberatoria ... e anche ben rumorosa. Grazie Frattonove.
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