nudi, crudi e a basso volume    
di e. g. (no ©)




Mr_Natural_di_Robert_Crumb
Capita, magari raramente, ma capita!!?! Ti invaghisci di alcuni musicisti perchè ne hai ascoltato qualche disco o perchè li hai visti suonare in un concerto, senza che questi abbiano nulla che li accomuna, se non una medesima attitudine a starsene fuori dalle mode e dai tempi, e poi vieni a scoprire che le loro strade si intrecciano in una serie di collaborazioni, che hanno effettuato alcuni tour insieme, e che sono uniti da una profonda amicizia e da un'ancor più profonda stima. In questo articolo, pertanto, non troverete nulla su ipotetiche scene musicali o tanto meno su ancor più ipotetici generi musicali, non disquisirò su musicisti e gruppi che suonano più o meno tutti eguali, nulla di così ovvio e di conseguenza noioso, e nessuna di quelle schedature dall`impronta impiegatizio/anagrafica... la vita è fin troppo piatta e non c'è assolutamente bisogno che aggiunga un mio contributo per appiattirla ulteriormente. Qui si narra della connessiona fra alcuni artisti che può apparire bizzarra e, proprio per questo, è estremamente intrigante, e poi si narra di una 'catena' ch'è iniziata quasi trent'anni fa in Giappone ma, dopo aver attraversato il Pacifico e l'Atlantico, finisce per scuotere le sue maglie nella Francia del XXI secolo. Infine, e soprattutto, qui si narra di alcune delle livree più fulgide vestite dalla musica in quest'ultimo decennio.
La nostra storia inizia nel lontano 1980, ed inizia con un disco che ancora oggi attende di essere valutato per quello che è il suo effettivo valore: “Tenno” del duo giapponese Noise.Tori_e_Reiko_Kudo Quello fu l`anno in cui uscirono “Songs The Lord Taught Us” dei Cramps, “Fresh Fruit For Rotting Vegetables” dei Dead Kennedys, “Seventeen Seconds” dei Cure, “Heathen Earth” dei Throbbing Gristle, “Crazy Rhythms” dei Feelies, “Remain In Light” dei Talking Heads, “Sandinista” dei Clash, “Flowers Of Romance” dei P.I.L., “Commercial Album” dei Residents... e in mezzo a quel bailamme il povero “Tenno” (pubblicato per la piccola Engel Records in un Giappone non ancora scoperto musicalmente) passò praticamente inosservato. A giustificazione di un fatto così increscioso va ribadito che il Giappone era, all`epoca, un pianeta totalmente sconosciuto agli appassionati di musica; a detrimento va invece la circostanza che "Tenno", anche dopo la scoperta di quel pianeta, è continuato ad essere un 'ufo' del quale, più che altro, si cercava d'immaginare le sembianze mentre si rimuginava sulla sua effettiva esistenza, pensando che magari si trattava soltanto del vaneggiamento di un qualche visionario. D`altronde sono perfettamente convinto che le varie liste, nelle quali si cerca di mettere ordine sui migliori dischi di oggi e/o di sempre, debbano essere considerate come materiale da modificare e aggiornare nel tempo e non `sentenze inappuntabili` da tenere ben riposte sotto lucchetto. E, riesaminando oggi quanto venne pubblicato in quell`anno di passaggio, “Tenno” brilla come una delle stelle più luminose, con quel suo dispensare una musica sospesa fra la Sister Ray dei Velvet Underground e “Twin Infinitives” dei Royal Trux. Il duo era composto da Reiko Omura (voce, tromba e chitarra) e Tori Kudo (organo e batteria) che, in seguito, diventeranno marito e moglie, tanto che ad iniziare da qualche riga più innanzi troverete la Omura riportata direttamente come Reiko Kudo. Tenno Il progetto ebbe vita difficile, ma proseguì per qualche anno anche come copertura per l`attività solista della Omura, e fra le numerose avversità si narra anche di un discografico `mafioso` che lasciò i due nei debiti (roba da far incattivire anche un santo, mentre sembra che i coniugi Kudo abbiano risposto alle avversità proprio abbracciando la fede religiosa... ma a questo fatto accenneremo più avanti).
Per avere nuovamente notizie ufficiali di Reiko Kudo (工藤礼子) bisogna attendere il 1997, quando pubblicò il delizioso “Fire Inside My Hat” su Org Records. Solo 8 canzoni, per una durata di 24 minuti, ma di un`intensità inestimabile, il tutto nel più puro stile lo-fi domestico e con la voce della cantante che veniva accompagnata solo dal pianoforte del marito. L`accompagnamento strumentale, che definirei come minimal-impressionista, l`impostazione vocale e i testi (istantanee sugli aspetti `futili` della vita fissate in poche parole: «I`m wardener / In your garden / I`m wardener / In your garden / I watch the flowers bloom / My joy is to watch your flowers bloom») sono votati ad un`essenzialità che rasenta l`indolenza. Il successivo “Rice Field Silently Riping In The Night” (Majikick, 2000) offre tre canzoni in più, rispetto a quelle del disco precedente, ma comunque racchiuse nello stesso minutaggio totale. La strumentazione è più corposa, con contributi di qualche strumentista proveniente dal gruppo del marito Maher Shalal Hash Baz (si sentono, diluiti negli 11 brani, basso, piano, percussioni, violino, violoncello, kokyu, chitarra, tromba, clarinetto, eufonio...) e con qualche intervento vocale da parte di Tori Kudo o di qualcun altro degli strumentisti coinvolti. Fire_Inside_My_HatMentre i testi continuano ad essere votati al più intransigente minimalismo (Together: «Tired, / Bullied, / Getting Older, / Still / Together / Always»), gli interventi strumentali hanno spesso l`aspetto di piccole sottolineature allo `scoglionato` portamento della voce, ma con qualche eccezione come Lily, dove un delizioso arrangiamento per strumenti suonati con l`archetto fa pensare ad una piccola Street Hassle. Il disco è uno di quei gioielli che non possono assolutamente mancare nei vostri scaffali. Occorrono sei anni affinchè ci sia un seguito, ma questo arriva addirittura in veste di due CD (separati ma gemelli): “Hito” e “Kusa” (Hyotan Records). Il giudizio può essere diversificato in 'nulla di stupefacente' se consideriamo quanto Reiko Kudo ci ha già dato... ma 'due dischetti impedibili' se consideriamo la loro bellezza pura e la singolarità ed unicità rappresentata dall`universo di questa seducente signora.
La discografia di Reiko non si limita comunque a queste realizzazioni a suo nome, dal momento che partecipa a parte della ben più consistente discografia del marito Tori Kudo, soprattutto a quella pubblicata dal suo gruppo Maher Shalal Hash Baz. Non è che questi, almeno all`inizio, siano stati molto prolifici, ma negli anni più recenti hanno pubblicato davvero tanta roba. Iniziamo però dallo strano nome, che è ripreso da un personaggio biblico del Libro di Isaiah e, tradotto, significa all`incirca `affrettate il saccheggio`. La scelta del nome trova riscontro nel fatto che Tori Kuido ha abbracciato la fede cristiana, dopo aver fatto parte di un piccolo partito rivoluzionario giapponese, ed è entrato nella congregazione dei Testimoni di Jehovah [si tratta di una notizia trovata su internet che non è stata però verificata].Maher_Shalal_Hash_Baz Musicalmente possono essere descritti come un incrocio fra Syd Barrett, Mayo Thompson e Lou Reed, però con una forte attitudine naif ed alcuni elementi che fanno pensare al jazz primitivo di New Orleans. Potremmo citare anche Jad Fair, a proposito di attitudine, però sempre tenendo conto del piccolo particolare che loro non sono `half japanese` ma in tutto e per tutto `all japanese`. E, infine, butterei là nel calderone sia il nome dei Pearl Before Swine sia la tradizione musicale del sol levante.
Il gruppo, dalla formazione aperta e mutevole, è un'autentica istituzione dell`underground nipponico, tanto che quando nel 1991 uscì il suo primo LP su Org Records (il live “January 14th 1989 Kyoto”) era in giro già da una decina d`anni ed aveva pubblicato almeno due cassette: “Maher Shalal Hash Baz” e “Pass Over Musings”, uscite nel 1985 su D`s Label e contenenti entrambe materiali registrati in concerto. Quelle prime uscite mostravano un gruppo che era già in possesso delle sue principali caratteristiche e che sapeva distinguersi per una scrittura bizzarra e scompaginata come poche. Ma servirono altri cinque anni prima di poter giungere alla prima registrazione di studio che, a quel punto, fu qualcosa d`altro di semplice produzione discografica.
“Return Visit To Rock Mass”, un album che possiamo ben definire leggendario, venne pubblicato su Org Records nel 1996 sia come triplo CD sia come triplo LP, e fu la raccolta di un`intera esperienza di vita. E` chiaro che a questo punto dovrei addentrarmi nei dettagli, nella descrizione dei singoli brani, ma sono la bellezza di 83 (più o meno divisi in una metà cantati ed in`altra metà strumentali)!?!! Non so se mi spiego? E d`altra parte Tori Kudo non è Haino Keiji, non abbraccia l`universo, ma semplicemente lo guarda specchiarsi dentro ad una piccola sfera di cristallo.Maher_on_Water Oppure, se preferite, non è tanto un polipo tentacolare quanto una cellula primigenia che contiene tutti i cromosomi dell'universo. Ed ecco che le forme usate non hanno alcuna significanza, dal momento che vengono tutte ricondotte ai confini di quella magica sfera di cristallo, e poco importa se sono blues, tanghi e/o walzer, chè alla fine sono soltanto (f)utili MaSHaBazerie presentate in una forma profondamente scombinata, almeno all`apparenza, che nella realtà è invece incanalata attraverso una serie di regole, tutte sue ma abbastanza ferree. Fra gli elementi determinanti alla definizione del suono `MaSHaBaz` c`è la presenza costante di qualche strumento a fiato - in particolare di uno strumento a tonalità basse del tipo eufonio, clarone e/o fagotto - che contribuisce a definire un mood quasi bandistico e/o circense. Un altro elemento caratteristico è rappresentato dai suoni della chitarra che, spesso, sono dei vibrati alla Shadows, e questo può sembrare strano solo senza considerare che Tori non è più un musicista di primo pelo e che quindi, al pari di molti suoi coetanei, potrebbe benissimo essersi fatto le ossa ascoltando e suonando Apache. Sono suoni ancestrali, quelli delle sue canzoni, indipendentemente dal fatto che vengano esaminati sotto un'ottica pop-garage, jazz-primitiva, noise-istintiva e/o in stile western-movie.
“Souvenir de Mauve”, uscito nel 2000 su Majikick, conservava almeno in parte la magia del disco precedente. Il CD, intitolato come un quadro di Van Gogh, si perdeva purtroppo nei tre lunghi brani posti quasi alla fine, uno addirittura della durata di oltre 24 minuti, dove Tori Kudo si cimentava in solitudine (o quasi) al pianoforte. Blues_du_jour L`approccio al piano di Kudo sembra rifarsi palesemente al jazz (è un fan dichiarato di Steve Lacy) e, in particolare, a quella tradizione che fa base a Thelonious Monk, senza possederne però l'avvincente discorsività e scivolando così via sulla pelle invece di turbinare negli strati sottostanti fino a scavare solchi devozionali profondi e duraturi.
Il 2000 fu anche l`anno in cui, per la prima volta, venne pubblicato un disco del gruppo in occidente; si trattava della raccolta “From A Summer To Another Summer (An Egypt To Another Egypt)” uscita su Geographic come CD e come doppio LP (la versione in LP conteneva 3 brani in più rispetto a quella in CD), quale compendio composto sia da materiale registrato in pubblico, tratto dalle prime cassette e dal primo LP, sia da materiale registrato in studio, tratto dal triplo “Return Visit To Rock Mass”. Iniziava così un lungo periodo di collaborazione con l`etichetta britannica che ha portato alla realizzazione di una serie di singoli, EP e ad un intero nuovo CD. Il 10 pollici “Maher On Water” (uscito anche come mini-CD) è un piccolo capolavoro di delicatezza e di gusto (e, secondo me, è il loro masterpiece). Si tratta di un omaggio all`acqua, tanto che più o meno tutti i brani sono immersi in suoni liquidi, ed è un disco talmente `stonato` da poterlo descrivere come `stoned rock` (per la gioia dei numerosi `generosi` che ci sono in giro). In aggiunta c`è la presenza di Reiko, che va ad interagire magistralmente con le scritture del marito, soprattutto quando si vengono a delineare quei contrappunti vocali che sembrano fare a cazzotti con la voce solista. E, qua e là , è avvertibile qualche sciccheria in stile Stereolab.
L'autre_cap “Blues du jour” del 2003 (il CD contiene 4 piste in più rispetto all`LP) rinnova i fasti del triplo, se pur in forma più ridotta, e ripropone la benefica presenza di Reiko. Ma ci sono anche alcuni ospiti europei, fra i quali spicca il nome di Katrina Mitchell dei Pastels. Le canzoni sono bozzetti asimmetrici e scomposti, privi di un vero inizio e di una vera fine, nel cui interno è possibile captare il suono di strumenti assurdi e che si alternano a brevi strumentali altrettanto assurdi. L`ultima pubblicazione su Geographic è un singolo, How`s Your Bassoon, Turquoirs? / Banned Announcement del 2006, con nel lato b un brano in collaborazione con Bill Wells.
A questo punto ai Maher Shalal Hash Baz sembrano venire colti dalla ben nota sindrome di Haino, e ad un periodo di scarsa documentazione discografica ne segue uno nel quale la documentazione è fin troppa. Nell`arco di sei anni, infatti, oltre ai dischi su Geographic vengono pubblicati anche 4 dischi registrati in pubblico, diversi CD-R ed un nuovo CD (quest`ultimo è il primo disco registrato in studio ad uscire per un marchio statunitense).
“Live 1984-85” (PSF) è stato pubblicato nel 2006 ma contiene registrazioni risalenti al 14 Dicembre 1984 (alla Kid Ailack Hall) ed al 13 Giugno 1985 (al Watt). Sono quindi registrazioni dei primordi e di conseguenza, indipendentemente dalla loro qualità non eccelsa, sono molto interessanti ed utili per comprendere l'evoluzione del gruppo.
“Live Aoiheya January 2003” è un delizioso mini-CD (26 minuti circa) registrato in un locale di Tokyo nel 2003 e pubblicato dall`australiana Charter Music due anni dopo.Tori_Kudo Asahana, il primo brano, è un tradizionale delle isole Amami mentre Mr. Michio Miyagi riprende in parte una composizione dello shakuakista e per il resto raccoglie un`intervista, a proposito della vita nelle isole meridionali del Giappone, risolta in diretta sul proscenio fra due componenti del gruppo (che svolgono i ruoli di intervistante e intervistato). In When I Die i musicisti cantano una frase a testa e Le Bruit de Mes Pleurs è ripresa addirittura da un walzer di Brahms.
“Osaka Bridge”, accreditato a Bill Wells & Maher Shalal Hash Baz, esce nel 2006 per il marchio tedesco Karaoke Kalk e riporta un concerto tenutosi nel 2004 in un locale di Osaka, durante lo stesso tour che aveva fruttato il brano pubblicato nel singolo su Geographic. Bill Wells, pianista-jazzista, è un pigmalione della scena pop scozzese che ha scoperto/aiutato l'ascesa di piccoli miti locali come The Pastels e Belle & Sebastian, e “Osaka Bridge” è certamente un buon disco anche se penso che la presenza del guru scozzese ha messo fin troppo ordine nel caos MaSHaBaziano.
Su “Make Us Two Crayons On The Floor”, uno split con i Curtains, tornerò fra qualche riga, per ora vi basti sapere che è uscito nel 2003 su Yik Yak ed ha aperto la strada alle pubblicazioni americane.
I vari CD-R sono chiaramente materiale scarsamente reperibile, ma ce n`è almeno uno che credo varrebbe la pena di trovare, e si tratta esattamente di “These Songs”, pubblicato nel 2004 su Incerta, dal momento che contiene alcune cover interessanti come These Boots Are Made For Walkin`, I`ll Keep It With Mine e `Round Midnight. Mai disperare, comunque, chè se capita di vederli suonare in concerto magari potrebbero avere in vendita all'ormai immancabile banchetto anche una simile potenziale delizia.
Don`t_Fear_An_Adjoining_Island E giungiamo così agli ultimi due dischi in studio, “Faux Départ” (Yik Yak, 2004) e “L`Autre Cap” (K Records, 2007). I due dischi condividono la presenza di alcuni ospiti provenienti dall`ambito della musica indipendente westcoastiana: Arrington de Dionyso in entrambi; McCloud Zicmuse (Le Ton Mité), Chris Cohen e Greg Saunier (The Curtains) su “Faux Départ”; e Derek Johnson (Le Ton Mité), Melanine Valera (Tender Forever), Warren Lee e Aaron Hartman su “L`Autre Cap”. Ritengo che questi due dischi siano più fiacchi rispetto alla precedente produzione (soprattutto il secondo), anche se non si possono definire tout court dei brutti dischi. Per quanto concerne il secondo questa debolezza deriva da una riduzione sia dei brani strumentali sia delle parti cantate coralmente; questo fa assumere alla faccenda un po' il look del cantautore sfigato, verboso e spaccapalle, che viaggia con la depressione attaccata al culo, e la voce di Tori Kudo reiterata per quasi tutto un disco finisce inevitabilmente per stancare anche il fan più accanito di quelle sue tonalità vibrate alla Lou Reed. E` criticabile anche una circoscrizione degli aspetti ludico e primitivo, che non fa guadagnare al gruppo nessun punto, e l`assenza di Reiko si fa avvertire piuttosto negativamente.
“Faux Départ”, da parte sua, conserva comunque in alcuni momenti quella stravaganza, quella demenza (infantile e/o senile) e quel gusto sottilmente perverso per la (s)melodia che ce li ha fatti amare così tanto ai tempi di "Return Visit To Rock Mass", "Blues du jour" e "Maher On Water". Si tratta del loro disco più 'sperimentale', e sembra voler far riferimento essenzialmente al jazz - dai contrappunti orchestrali di Count Basie fino ai momenti di passaggio fra hard-bop e jazz elettrico - The_Curtains_in_Fast_Talks ma sotto sotto è possibile intuire il crepitare del fuoco Red Crayola, quello più strambo dei One-Second Piece, e così detto potrebbe anche trattarsi di un gran disco, se non che è funestato da una vena un po' troppo seriosa e concettuale; non mancano comunque alcuni ottimi spunti, come nei due tempi di Seal And Seagulls, un'appetitosa `dipartita` accompagnata dallo stridere dei gabbiani.
Ma non è finita qui, perchè “L`autre Cap” è stato pubblicato in Giappone come doppio CD (su 7e.p.). Il primo CD è eguale a quello uscito su K, mentre il secondo contiene una diversa registrazione (in forma di jam libera) degli stessi 27 pezzi. Non so i motivi che hanno spinto Tori Kudo a fare questa scelta, ma sotto ci vedo una polemica verso la produzione piatta voluta quasi sicuramente dall`etichetta americana. Il CD alternativo è difatti molto più brillante, e l`effetto è lo stesso che si ottiene passando uno straccio pulito sopra ad un vetro polveroso: scompare l`opacità e riappaiono i colori, il suono torna ad essere quello svaccato di una congregazione anarchica, la voce torna ad essere sporca e riesce a prendere delle stonature impossibili, i fiati impazzano fino a ricordare l`Albert Ayler dei tempi buoni. Una vera orgia sonora, insomma, selvaggia quanto Dio comanda, valorizzata dalla registrazione grezza ed essenziale, e Moving Without Ark è una canzone che possiede veramente la stessa forza selvaggia e angosciante del diluvio universale. E tutto ciò nonostante in questa seconda registrazione compaia quel Jim O`Rourke che, negli ultimi tempi, riesce ad essere peggiorativo di tutte le situazioni nelle quali si intrufola.
Numerose sono anche le collaborazioni di Tori Kudo (工藤冬里) con altri gruppi e/o musicisti dell`underground giapponese, anche se si tratta quasi sempre di pubblicazioni su cassetta, CD-R, od in ogni caso scarsamente reperibili. CalamityFra le più interessanti c`è quella con Ché-Shizu, un collettivo 'japsichedelico', figlio dei Taj Mahal Travellers, guidato dal bassista Takuya Nishimura e da Chie Mukai (dolce donzella che suona lo er-hu, uno strumento ad arco della tradizione cinese, ed il piano). Molto consigliato è il loro “Nazareth”, registrato in pubblico nel corso degli anni `80 e pubblicato nel 1993 dalla PSF, con Tori presente in 7 degli 11 brani.
“Return To A Source” (Minamoto, 2004) raccoglie invece alcune registrazioni in pubblico relative agli anni 2003 e 2004; il CD è in compartecipazione con Saya (Maher Shalal Hash Baz, Pukapuka Brians, Tenniscoats e creatrice dell`etichetta Majikick). I primi 6 brani sono delicati bozzetti di Saya per chitarra e voce, seguono due lunghe parti centrali (sui 25 minuti l`una) per solo pianoforte: la prima di Tori (d`impostazione piuttosto free, con dissonanze, fughe nella tastiera, grappoli si note, stoppate e cambi di direzione secchi, ma che a dire il vero dopo un po' comincia leggermente ad annoiare) e la seconda di Saya (più chopiniana e anche più interessante); ed infine v`è l`unico pezzo in collaborazione fra i due, di stile jazzy e con le voci che si incaponiscono sulla semplice strofa Unify My Heart, che viene ripetuta in tutte le salse (forse a ricordo della Patty Waters di Black Is The Color of My True Love`s Hair).
“Don`t Fear An Adjoining Island” (uscito inizialmente come CD-R e ristampato in CD nel 2004 su Das Gemeine) è invece la registrazione di una performance tenuta nel Novembre del 2003 al Martian Garden di Sendai, protagonisti Tori Kudo ed i collettivi Yumbo e Kinutapan. Fin dall`iniziale stomp-rock, e proseguendo poi in aria di canzone pop minimale e scarrupata, si tratta di uno spaccato perfetto su questo mood sonoro lo-fi e dal basso profilo diffusissimo in Giappone e del quale, a noi, giungono soltanto le briciole; un dischetto superconsigliato. The_Curtains_dopo_Calamity Proprio mentre stavo preparando l`articolo sono venuto in possesso di un vinile dal titolo “Atlantic City” (Siwa Records 2005) che contiene registrazioni del 1981 a nome Tori Kudo e La Consumption 4. Si tratta della ristampa di un lavoro uscito originariamente in cassetta e che è diviso fra canzoni velvetiane pre-MaSHaBaz, per quanto riguarda Tori Kudo in solo, e puntate strumentali hedrixiane, fra blues rumorista e jazz lisergico, per quanto riguarda La Consumption (e si tratta di un disco interessantissimo, soprattutto per chi intende farsi un`ottica generale, e quindi anche retrospettiva, su tutta la faccenda).
Le discografie riportate alla fine dell`articolo sono abbastanza attendibili, e piuttosto complete, in particolare quella dei Kudo è ripresa da un sito giapponese dedicato alla loro musica... e tuttavia ho l`impressione che possa mancare qualcosa o che qualcos`altro possa essere impreciso, soprattutto considerando le numerose pubblicazioni di dubbia legalità che ci sono in circolazione ed i gruppi di Kudo che sono scomparsi senza realizzare nulla di realmente concreto, penso agli Snickers ed ai Guys`n`Dolls (nome ripreso da un famoso musical degli anni `50, che fu anche film con Marlon Brando e Frank Sinatra, a ulteriore dimostrazione della palese passione di Kudo per le situazioni di tipo cinematografico). Ho quindi cercato di fare una selezione plausibile, ma chiunque intende addentrarsi più profondamente nella loro giungla può comunque consultare il sito che ho utilizzato quale fonte (c`è il collegamento riportato a fine articolo) oppure l`ottimo libro “Japanese Independent Music” pubblicato nel 2001 da Sonore (sempre che sia ancora reperibile).

Nedelle Scrivendo dei Maher Shalal Hash Baz ho citato The Curtains, e adesso vengo a precisare che un nome così 'annisessanta' nasconde in realtà il solo Chris Cohen, faccia da novello `feelies` e look da diligente impiegato bancario. Il disco d`esordio (uscito solo in vinile) venne registrato nel 2001 e fu pubblicato nel 2002 su Thin Wrist Recordings. La formazione era al tempo un trio composto da Cohen e Trevor Shimizu (chitarre) e Jamie Peterson (batteria). I sedici brani, totalmente strumentali ed in forma libera, si caratterizzavano in atmosfere rarefatte, con i dialoghi strumentali costruiti spesso intorno a brevi fraseggi reiterati. Si trattava di un disco interessantissimo, se pure emergesse dai suoi solchi una sensazione di incompiutezza, che lasciava comprendere l`interesse di Cohen per i suoni tipici degli anni `70 (progressive e dintorni); all`interno di quelle strutture il terzetto tendeva però a portare confusione e opera di disarticolazione totale, distinguendosi così dalla maggioranza dei gruppi alla Don Caballero et simili.
Il successivo “Flybys”, uscito su Thin Wrist Recordings nel 2003 sia come CD sia come LP, rappresenta un netto passo in avanti ed è uno dei loro dischi migliori. I brani sono più compatti e corali, rispetto al disco precedente, e sicuramente nel risultato finale influiscono i cambiamenti avvenuti in formazione, con l`ingresso di Andrew Maxwell - un batterista che faceva parte anche degli Open City e il cui retroterra andava ricercato nell`area degli improvvisativi californiani - e di Greg Saunier dei Deerhoof al synth (Cohen ripagherà facendo mostra di sè in alcune formazioni dei Deerhoof di quel periodo).From_The_Lion's_Mouth I vecchi pard fanno comunque la loro comparsa in alcuni brani (la Peterson alle elettroniche e Shimizu al synth e alla chitarra). Qualcuno potrebbe definirli `math rock`, ma si tratta di una matematica molto poco ortodossa, dalle geometrie bizzarre e nel cui lessico 2+2 non fa sicuramente 4. Gli stacchi improvvisi e le giravolte si fanno più pressanti, e nel secondo lato del disco vengono introdotte alcune parti cantate che fanno tanto Red Crayola (in Observations e Snowy Visitors). La voce è però quella del batterista e per sentire Cohen che canta è necessario attendere il disco successivo.
"Vehicles Of Travel", uno di quei rari dischi in cui la maturità esecutiva e la freschezza di idee si bilanciano perfettamente, mi ha fatto venire in mente la leggerezza dei Kinks migliori. Si tratta di un prog-rock plausibile solo dopo che il punk ha sputato in faccia al mondo musicale l'idea della concisione, e quindi non dovete immaginare nulla di simile ai Godspeed You Black Emperor o a progetti simili. Rispetto al passato c`è una maggiore strutturazione e i brani strumentali si alternano pressochè alla pari con quelli cantati, ma i testi non sono mai roba verbosa, bensì lasciano l`impressione di essere concepiti come pennellate di suono, al pari di quelle tinteggiate dagli altri strumenti; date un orecchio, a tal proposito, a come la chitarra e la voce si muovono spesso in sintonia a dettare uno strano effetto bluesy ma, rispetto al blues, non c'è le tipica formula a chiamata e risposta (voce e strumento), bensì una specie di struttura corale binaria. A questo punto posso solo autocitarmi e ripetere quanto scrissi nella recensione: «...è un disco fresco e scoppiettante che vi riconcilierà con il piacere di ascoltare musica.Nedelle Da bere tutto d`un fiato». Se all`epoca ve lo siete fatto sfuggire dovete assolutamente rimediare al male che vi siete fatti (e vi autorizzo a farmi una rimpolpettata per un fatto davvero increscioso, dal momento che a fine a anno mi dimenticai ignobilmente di piazzarlo in playlist).
Nel'ultimo CD, affinchè nessuno possa pensare che la vita dietro le tende di casa Cohen è monotona, c`è un ulteriore cambiamento di rotta; “Calamity”, uscito nel 2006 su Asthmatic Kitty Records (e preceduto da un singolo su TomLab), è praticamente un suo lavoro solista dal momento che - ad esclusione della presenza di Nedelle Torrisi che collabora alla definizione delle armonizzazioni vocali e di brevi interventi del trombonista John Ringhofer e di Yasi Perera alla voce (credo che quest`ultimo corrisponda al batterista della Breezy Days Band) - è lui a cantare e a suonare tutti gli strumenti. Con questo CD l`obiettivo dell`autore sembra essere quello di accodarsi al beachboysismo di ritorno, ma penso che il disco manchi un po` di personalità e, pur essendo interessante e piacevole da ascoltare, debba considerarsi un tantino immaturo rispetto a quelle che sono le ambizioni del suo autore. Intorno all'uscita del disco, ed alle maturazione delle sue nuove idee, Cohen ha ricostituito il gruppo con Nedelle alla chitarra e voce, Annie Lewandowski alle tastiere e voce e Corey Fogel alla batteria, potrebbe venirne fuori qualcosa di molto interessante.

Proprio Nedelle Torrisi sembra essere uno dei personaggi chiave di quel piccolo mondo di cui ci stiamo occupando in quest'articolo. Le_Ton_Mité Fin dal suo primo CD, “Republic Of Two”, si è dimostrata attratta dalle possibilità intrinseche alle armonizzazioni vocali, in un viaggio a ritroso che approccia Beatles e Beach Boys, Simon & Garfunkel ed Everly Brothers, Schirelles e Ronettes, Peter, Paul & Mary e Mamas & Papas, ma dobbiamo inserire nel gruppo anche un collettivo come Crosby, Stills, Nash & Young (maestri del genere che non vengono mai citati). Nedelle, nello spazio di quattro CD, ha così definito un suo mondo fantastico, un piccolo libro della `giungla` che non rinuncia comunque alla modernità delle strutture, con un mood che a tratti è vagamente jazzato, ma dove il tutto è però ricondotto ad un look propriamente cantautorale. Nedelle ha il dono raro della grazia, e badate bene che le sue canzoni non parlano affatto di merende ma sono dense di significati, solo che le canta con `leggerezza` ed evitando pose pseudoartistiche. Il suo è un approccio che ridà fiato all`aspetto puramente umano, in contrapposizione a quello macchineo, sia attraverso l`uso pulito della voce sia attraverso il suono schietto degli strumenti (quant`è bello sentire le dita che si spostano sulle corde della chitarra!?!!) e sia attraverso un modo semplice di fare musica che, però, non è affatto banale. Aggiungete a ciò che sa scrivere delle belle canzoni, le sa arrangiare nel modo `giusto` e, come s`è appena suggerito, le sa anche cantare. Le sue sono quel tipo di canzone non troppo folk, non troppo jazz, non troppo soul, non troppo rock, non troppo tradizionale... in poche parole si tratta di limpide proiezioni cantautorati in quella che comunemente viene definita come `musica pop`. Musica pop vera, comunque, e non esercizi pseudo-accademici travestiti come tali (o, peggio, esercizi pop in pretenziosa livrea accademica).We_Need_To_Grow_To_Giant_Size Il rapporto che c`è fra Nedelle e alcuni cantautori contemporanei è lo stesso che c`era fra Nick Drake, che restava essenziale anche nei frangenti più orchestrati, e gli Yes che, viceversa, erano barocchi anche nelle canzoni meno orchestrate. Capirete, quindi, quanto la sua musica sia importante, anzi indispensabile, in mezzo a questo barocchismo imperversante che ci circonda.
Nel suo primo disco, “Republic Of Two” del 2003, mostrava già una incredibile maturità e chiarezza d`idee, nel senso che vi erano indicati senza ombra d`equivoci quali sono i modelli sonori che intende seguire. I riconoscimenti ottenuti da quel disco, e forse qualche amicizia, fecero in modo che Nedelle venisse accolta nell'entourage della Kill Rock Stars, seppure la sua musica non sia proprio in linea al 100% con quella dell'etichetta di Olympia. I due CD seguenti non aggiungono nulla a quanto è già stato fissato in quel primo gioiello, se non che il secondo, “Summerland” del 2004, appare più vario e vivace (a causa della presenza di Thom Moore, al quale il disco è cointestato), mentre “From The Lion's Mouth” del 2005 mostra un`avvenuta maturazione non tanto nella scrittura quanto negli arrangiamenti, e fra i suoi solchi potete trovare alcune di quelle bombe melodiche che riescono fin dal primo ascolto a fissarsi nella memoria (come succede nel caso di quel gioiellino intitolato Good Grief).
La sistemazione trovata presso la Kill Rock Stars era però veramente provvisoria e precaria, tanto che in quel catalogo i suoi dischi apparivano come pesci fuor d`acqua, e nel 2006 è avvenuto l`inevitabile split. La pubblicazione del nuovo disco è stata di conseguenza molto tormentata, e la cantautrice ha dovuto infine dare avvio ad una propria etichetta discografica (Tangram 7s). Les_petits_contes_pour_les_petits_canards “The Locksmith Cometh”, freschissimo di stampa, è il disco della maturazione definitiva. Si tratta di un concept che scorre come un racconto (o meglio: un`antologia di piccoli racconti), con tanto di prefazione (Fanfare) ed epilogo (Finale), dove cristalline e soffuse perle acustiche dal mood folkeggiante (Ex-Priest, Christopher, Spell The Night Right, Every Single Spring, Friends & Ancestors, Poor Little City Boy, The Last Thing I Do, The Locksmith Cometh...) si alternano con chicche pop-soul appena un po` più movimentate (Ghost Ships e Your Fiancé). Rispetto ai dischi precedenti si nota un assottigliamento, ma anche una maggiore definizione, degli accompagnamenti strumentali che, quando non sono limitati alla sola chitarra, possono comprendere il violoncello di Rachel Arnold od il clarinetto di Sam Torrisi. Fra la schiatta dei collaboratori (davvero limitatissima) c`è pure Chris Cohen, a confermare un legame che sembra ormai essersi piuttosto solidificato.

Fra i collaboratori del penultimo disco dei Maher Shalal Hash Baz avrete notato la presenza di McCloud Zicmuse, in pratica il responsabile unico del progetto Le Ton Mité. McCloud è anche amico di Nedelle, che ha conosciuto nel negozio di dischi dove lei lavorava (o forse si sono conosciuti alla Kill Rock Stars dove lui lavorava?), fatto sta che nel 2005 i due intrapresero un tour europeo insieme, ed è proprio tramite quelle date che i due si sono creati un piccolo circolo di fan anche in Italia. Il modo in cui Zicmuse si presentava nel palco era davvero incredibile, con tante figurine di cartone ritagliato che rappresentavano le sue canzoni... Le_Ton_Mité durante il concerto le passava in rassegna scegliendo ad una ad una quelle che avrebbe cantato... poi spiegava la canzone, e la spiegazione valeva più della canzone stessa, e infine coinvolgeva il pubblico per la parte esecutiva, e lui lo dirigeva come se fosse stato un direttore d`orchestra un po` scoppiato da 'zecchino d'oro' (in una specie di mescolanza fra Cornelius Cardew e Jonhatan Ritchman). Le gag si susseguivano senza interruzione in una specie di spettacolo teatrale per asili nido, con un accompagnamento mimico da 'opra dei pupi', e una delle più farsesche era l`imitazione della rock star macha e da stadio (nei concerti italiani la scelta non poteva cadere che su Vasco Rossi, e il pubblico doveva cantare in coro `siamo tutti rincoglioniti`).
E l`atteggiamento derisorio tenuto nei concerti, il rapporto che stabiliva con il pubblico ed i testi delle canzoni (filastrocche prettamente adolescenziali fatte di pochissime frasi reiterate... spesso addirittura di poche parole) facevano pensare proprio a Jonathan Richman... Qualche esempio: Happy Times: «in each frame, they smile and wave»... The Group Plays A Festival: «we take the trip to Astoria / land of clearcut press, the column! & shipwrecks too / we play a festival and sing “whoop”»... Tasting Tiny Treats Orchestra: «boots, hills, ice cream, / broken art and tiny treats: / these things / orchestras are made of»... 10 Miles To Go And No Gas: «wahoah! wahoah! wahaoh!»... Les sardines: «Vous nagez dans l`eau salée, petits corps d`argent / mais maintenant, vous baignez dans le feu / et mon ventre vous attend». L'ocelle_mare Ma se la musica di Richman era pre-punk quella di Le Ton Mitè è indiscutibilmente post-punk (soprattutto nel suo primo disco), con influenze ben precise nel lo-fi della costa pacifica (Mecca Normal...), ma ci sono anche momenti più beatlesianamente pop (ditemi se Bearded Clouds Pass Rainbows To Get By non potrebbe stare su “Revolver” o `Yellow Submarine”). In realtà le sue canzoni si spingono oltre l'adolescenza, verso una logica addirittura infantile, inseguendo un concetto tipicamente francese per cui `la musica è un gioco da bambini`.
Due soli CD, più qualche CD-R venduto ai concerti ed un e.p. in vinile con quattro canzoni, tutti pubblicati in proprio su Zicmuse (in co-produzione con altre piccole realtà locali della West Coast come la YikYak Records) è per ora il magro bottino su cui potete mettere le mani ai suoi banchetti ambulanti - dopo il primo tour è già ritornato a suonare dalle nostre parti per ben due volte - oppure rivolgendovi direttamente al suo mail-order. I due CD si differenziano e si completano a vicenda dal momento che “We Need To Grow To Giant Size” è più crudo e aspro, con un suono chitarristico e a tratti dissonante, mentre l`utilizzo di un violino e/o di un violoncello addolciscono le trame del successivo “Tickets To Real Imaginary Places” (quest`ultimo è anche uscito come vinile per la francese Les Potagers Natures).
Nell'ultimo tour del 2007, intrapreso insieme a L'Ocelle Mare e alla Breezy Days Band, McCloud Zicmuse (che nel frattempo da Olympia si è trasferito a Parigi) sembra aver rinunciato all'aspetto più ludico e teatrale delle sue performance, e sinceramente la sua musica lasciata così in 'solitudine', con la timida voce e i pochi suoni estratti dalle corde della chitarra, rischia di rimanere davvero troppo nuda per poter sorreggere l'impatto con il pubblico.Cheval_de_frise In ogni caso Zicmuse era, e rimane, un 'cantattore' per piccole platee. Resta comunque quell'atteggiamento circospetto da evaso impaurito, che ci ricorda Enzo Jannacci, e che ce lo fa comunque amare, anche quando la facciata performativa perde tutte le sue caratteristiche più esilaranti.
Il recente e.p. “Les petits contes pour les petits canards” lo ripropone comunque ben pimpante; con quattro piccole storie cantate in francese; con titoli tipo Le papillon, Les sardines, Les Patates e Sur la table; con la presenza di strumenti a fiato che fa pensare ai frullati circensi dei Maher Shalal Hash Baz; e con un`attitudine incastrata fra punk, impressionismo alla Satie e filastrocche per l`infanzia (roba tipo Au clair de la lune). Ancora storie semplici, racconti di piccole cose, di un quotidiano talmente banale da farci tornare alla mente qualche vecchio film di Robert Altman, ma pure così surreali da far pensare al mito di Alice in viaggio nel paese delle meraviglie.

Gli ultimi due tour italiani Le Ton Mitè li ha fatti in compagnia di Thomas Bonvalet, alias L`Ocelle Mare, chitarrista dal mood spagnoleggiante che in precedenza aveva fatto parte dei Cheval De Frise, un duo strumentale condiviso con il batterista Vincent Beysselance. E` proprio in occasione del primo di questi tour che ho scoperto la musica di Zigmuse e Bonvalet e, a tal proposito, devo ringraziare Alez di From Scratch che, organizzando un concerto dei due nella città dove vivo, mi ha offerto questa opportunità .
A proposito dei Cheval de Frise sono stati tessuti paragoni con i Don Caballero e i Gastr Del Sol, ma in realtà la loro musica si sviluppava in maniera piuttosto autonoma rispetto ad entrambe quelle situazioni.La_lame_du_mat La loro attitudine era infatti più nervosa e meno sonnolenta rispetto a quella dei Gastr Del Sol e meno geometrica e spigolosa rispetto a quella dei Don Caballero, e soprattutto i due strumentisti francesi mostravano di possedere una fantasia ed una spontaneità ben superiori a quella dei due gruppi americani. La loro era una musica con le caratteristiche dell`improvvisazione istantanea e non tanto con quelle della composizione a priori, dove i due strumentisti sembravano dialogare fra di se più che seguire strutture predefinite e, se è possibile trovare un riferimento negli anni '70, è da ricondurre al jazz creativo piuttosto che alla musica progressive. La loro è una discografia in crescendo, a partire dall`eponimo esordio su Sonore, del 2000, attraverso "Fresques sur les parois secrètes du cr ne" del 2003 e “La lame du mat” del 2005... poi lo split finale. Sicuramente si è trattato di una grande perdita, ma dalle loro ceneri si è materializzata quella meravigliosa creatura chiamata appunto L`Ocelle Mare (progetto solista che, come i Cheval De Frise, è esclusivamente strumentale).
Vedere Bonvalet che suona in pubblico è un'esperienza indimenticabile, con quelle sue dita d`avvoltoio che gli permettono di prendere accordi impossibili, mentre i movimenti spastici e spiritati lo fanno sembrare un personaggio che sta per uscire da un quadro di Guttuso. A terra c'è una piccola pedana con appoggiati sopra dei sonagli, sulla quale batte i piedi, e poi ci sono in bazzica un metronomo, un campanello, un set di armoniche, una chitarra acustica e un banjo. L`impressione è quella di un musicista che lascerà un segno nella storia della chitarra contemporanea, al pari di quanto è stato fatto nelle loro epoche da Django Reinhard e Derek Bailey.L'ocelle_mare La sua, com`era già stato in precedenza quella del duo, è una musica sghemba e sfuggente, che ha però la prerogativa di fissarsi nella mente fin dal primo ascolto, e non tanto per una particolare melodia o per ruffianerie di altro tipo, ma per la tensione che avverti sia nei singoli suoni sia nell`architettura dell`insieme.
Il disco eponimo de L'Ocelle Mare (pubblicato all`inizio del 2007) è stato registrato in ambienti naturali quali una grotta, una vecchia chiesa o una foresta, quindi in alcune situazioni ambientate come oggi è abbastanza d`uso, almeno in certi ambiti della produzione indipendente, soprattutto fra i musicisti francesi. In questo catalogo sonoro di soli 24 minuti, attraverso 16 quadretti semplici ed essenziali, vengono dettate le tavole di un culto destinato, con molta probabilità , a fare numerosi proseliti. La scelta di non dare nessun titolo ai singoli brani, adottata già nell`ultimo disco dei Cheval De Frise, è il sintomo di una volontà a lasciare libera la musica, senza nessun legaccio destinato a creare nell`ascoltatore concetti precostituiti, in un vortice che fluttua, avvolge la mente e penetra anche nei più piccoli pori dell`organismo. E` quasi inutile aggiungere che si tratta di un disco fantastico e che lo ritroverete, sempre che non escano improbabili lavori in grado di cambiare la sorte del pianeta, in testa alle mie preferenze di fine anno.
Da segnalare è anche la collaborazione di Bonvalet a due CD, pubblicati entrambi nel 2005, del virulento ensemble franco-argentino Radikal Satan: “Viento Del Este, Agua Como Peste” e “La Fievre Noire” (nel primo il chitarrista è presente in un brno mentre nel secondo suona in tutto il disco). Il gruppo è essenzialmente un duo, contrabbasso e fisarmonica, formato dai fratelli Cesar e Mauricio Amarante, ai quali si aggiungono regolarmente altri strumentisti (un fisso è il batterista Johnny Bourguine) per un suono `rumoroso`, spesso lento e malsano, che alterna passaggi più rarefatti ad altri più pieni e vigorosi, in accompagnamento a voci inacidite, invelenite o mormoranti (si dice che sul palco siano bestiali). La partecipazione del chitarrista alle scorrerie di questo ensemble può apparire incongrua, almeno a me così sembra, ma è sicuramente il segnale di un`apertura mentale ben più vasta di quanto può far credere il solipsismo delle sue esibizioni. Probabilmente ne vedremo ancora delle belle e, personalmente, ho l`intendimento di rimanere costantemente aggiornato.


discografie:

Noise
Rice_Field_Silently_Riping_In_The_Night 「Tenno」 lp:engel:1980 / rist. lp:org:1997; cd:pataphysique:1997; cd:alchemy:2005

Reiko Kudo
「Fire Inside My Hat」 cd:org:1997
「Rice Field Silently Riping In The Night」 cd:majikick:2001
「Hito」 cd:hyotan:2006
「Kusa」 cd:hyotan:2006

Maher Shalal Hash Baz
「maher shalal hash baz」 ct:d's:1985
「pass over musings」 ct:d's:1985
「january 14th 1989 kyoto」 lp:org:1991
「return visit to rock mass」 3lp/3cd:org:1996
「souvenir de mauve」 cd:majikick:2000
「from a summer to another summer」 (an egypt to another egypt)」cd/2lp:geographic:2000
「unknown happiness」 7"ep / 12”ep:geographic:2000
Return_Visit_To_Rock_Mass 「maher on water」 cd/10"ep:geographic:2002
「make us two crayons on the floor」 cd (w. the curtains):yik yak:2003
「open field」 mini-cd:geographic:2003
「blues du jour」 cd/lp:geographic:2003
「ethiopia」 mini-cdr:life affair trust music:2004
「these songs」 cdr:incerta:2004
「faux depart」 cd:yik yak:2004
「live aoiheya january 2003」 cd:chapter music:2005
「マヘル国立気分 LIVE 1984-85」 cd:p.s.f:2006
「how's your bassoon, turquoirs?」 7":geographic:2006
「bill wells & maher shalal hash baz / osaka bridge」 cd/lp:karaoke kalk:2006
「l'autre cap」 cd/lp:k:2007
「l'autre cap」 2cd:7e.p.:2007
「June 24, 2006 Maher Goes to Northwest/July 1, 2006 マヘル本店へ行く」 dvdr:黒猫音像研究所:2007
Vehicles_of_Travel
Tori Kudo
「guitar solo improvisaion」 ct:La Musica:1980
「atlantic city/la consumption 4」 ct:La Musica:1981 / rist. cdr:繋船ホテル/galleria zariganiya:2004; lp:siwa:2005 (re-re-issue/renewal sleeve)
「hard rock album」 lp (w. Guys`n`Dolls):metronome:1984
「last piano improvisation」 ct:La Musica:1993
「early tape」ct:La Musica:1996?
「copper」 cdr:2003
「Don`t Fear An Adjoning Island / 地続きの島を恐れるな」 cdr (w. Kinutapan & yumbo):igloo:2003 / rist. cd:das gemeine/igloo:2004
「unify my heart」 cdr:2004
「Return To A Source / 源にオカエリ」 cd (w. Sayasource):minamoto:2004

The Curtains
The_Locksmith_Cometh 「Fast Talks」 lp:Thin Wrist Recordings:2001
「Flybys」 lp/cd:Thin Wrist Recordings:2003
「make us two crayons on the floor」 cd (w. Maher Shalal Hash Baz):yik yak:2003
「Vehicles of Travel」 cd:Frenetic Records:2004
「Alphabet Series : N」 7”:TomLab:2006
「Calamity」 cd:Asthmatic Kitty Records:2006

Nedelle
「Republic of Two」 cd:Kimchee Records:2003
「Summerland」 cd (w. Thom Moore):Kill Rock Stars:2004
「Good Grief」 7”ep:Wicked Awesome Records:2004
「From The Lion's Mouth」 cd:Kill Rock Stars:2005
「The Locksmith Cometh」 cd:Tangram 7s:2007

Le Ton Mité
「We Need To Grow To Giant Size」 cd:Yik Yak/Zicmuse:2004
Tickets_To_Real_Imaginary_Places 「Tickets To Real Imaginary Places」 cd:Zicmuse/Richmond County Archives:2005 / rist. lp:Les Potagers Nature/Galerie Pache:2006
「les Petits contes pour les petits canards」 7”ep:Le Vilain Chien:2007

L`Ocelle Mare
「L`Ocelle Mare」 cd:RuminanCe:2007

Cheval De Frise
「Cheval De Frise」 cd:Sonore:2000
「split」 7” (w. Rroselicoeur):RuminanCe:2001
「Fresques sur les parois secrètes du cr ne」 cd:RuminanCe:2003
「La lame du mat」 cd:RuminanCe:2005 / rist. 10”:Minority Records:2005


collegamenti utili:

plaza.rakuten.co.jp (discografie della famiglia Kudo)
www.zicmuse.com (sito di Le Ton Mité)
www.nedelle.com (sito di Nedelle)
curtains.suchfun.net (sito dei The Curtains)
ruminance.free.fr (L`Ocelle Mare nel sito della RuminanCe)
www.myspace.com (L`Ocelle Mare su My Space)
www.myspace.com (Nedelle su My Space)
www.myspace.com (Le Ton Mité su My Space)
www.myspace.com (The Curtains su My Space)
www.myspace.com (Maher Shalal Hash Baz su My Space)
www.youtube.com (Reiko Kudo su You Tube)
www.youtube.com (Maher Shalal Hash Baz su You Tube)
www.youtube.com (Nedelle su You Tube)
www.youtube.com (The Curtains su You Tube)
www.youtube.com (Le Ton Mité su You Tube)
www.youtube.com (L`Ocelle Mare su You Tube)
www.youtube.com (Cheval De Frise su You Tube)



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