mattia coletti    di sergio eletto (no ©)





Avevamo deciso da tempo di intraprendere qualche scambio di opinione con Mattia Coletti, tentando di focalizzare più accuratamente il suo viaggio musicale da solo, tralasciando per un attimo la militanza che nutre da tempo con Alessandro Calbucci ed Alessio Compagnucci nei Sedia: appena usciti in questi giorni con il secondo lavoro, “The Even Times”.
Tra parentesi, chi avesse voglia, può tranquillamente spulciare nell`archivio degli articoli di Sands-zine ed incontrare un`esaustiva intervista, perpetrata un paio di anni fa dai tre componenti del gruppo al completo. Il cammino di Mattia, non credo resti ancora poco conosciuto agli estimatori della scena indipendente italiana: egli ha cominciato in tenera età ad intessere una serie di importanti rapporti con buona parte di quel circuito musicale `nostrano` che conduce dritto dritto all`attivissima Wallace di Mirko Spino.
Rimane da sempre rilevante la forte amicizia e collaborazione con Xabier Iriondo (Bron Y Aur, Tasaday) con cui condivide da più di tre anni l`esperienza dei Polvere: un progetto a due basato principalmente sulla progettazione di textures elettro-acustiche ed essenzialmente improvvisate. Proprio attraverso una risposta dello stesso Mattia, arriviamo a conoscenza dell`imminente uscita di nuovo cd del duo, questa volta attraverso la pubblicazione di un full lenght, vero e proprio, collegato ad un primo tre pollici, omonimo, licenziato nel 2003 per la mailserier della Wallace. Affrontare questa chiacchierata ha consentito di riascoltare dopo diverso tempo i lavori più notevoli di Mattia, permettendo così di (ri)mettere le mani anche su questo `piccolo` gioiellino di pura elettro-acustica. Il mini dei Polvere è un sentiero di suoni crudi e diretti al cuore, composto da cinque tracce assolutamente improvvisate. La coppia si divide tra un gremito armamentario strumentale dal carattere variopinto, costituito da chitarre elettriche ed acustiche, percussioni, farfisa, glockenspiel, zenith e trattamenti. L`originalità filtrata dalla scelta di determinati strumenti (come il glockenspiel e una ricca manciata di samples campionati) lascia presagire facilmente l`altrettanta audacia e creatività annidata tra le composizioni, messe in piedi dal duo. L`atmosfera respirata potrebbe definirsi `cupa`, estraendo dal termine tutti i riferimenti possibili con la tradizione musicale oscura ed industrial di Tasaday e Bron Y Aur. A differenza di queste realtà , però, viene percepito un maggiore spazio al concetto di improvvisazione e, soprattutto, di fusione elettro-acustica. Un autentico melange di suoni che da un lato si lascia riconoscere e dall`altro (in forma maggiore) galleggia all`interno di sonorità astratte e libere, ricche di frequenze e registrazioni d`ogni sorta. Coletti lascia fluttuare all`esterno il suo (personale) tocco, lasciandolo avvertire in primo luogo da un uso distorto e ferruginoso della propria acustica. In merito a questa scelta, o pratica, mi è capitato di avere una prova in prima persona, attraverso delle performance live, in cui Mattia per suonare la chitarra si avvaleva dell`aiuto di un variegato campionario oggettistico: passando dal semplice plettro ad una serie di spatole, da (non) comuni oggetti di ferro a varie tipologie di archetto. In simili contesti, un chitarrista avant quale Fred Frith contamina e influenza con determinazione l`operato del musicista di Falconara. Frith incarna uno dei primi ascolti `bollenti` per Coletti il quale nel corso degli anni, arrivando ad oggi, ha manifestato un sempre più vivo interesse per forme ed armonie neo-folk e/o cantautorali... studiate comunque con occhio sempre incline alla sperimentazione. Il (free) rock rimane una forte passione e non lo testimonia solo la militanza di Mattia nei Sedia ma anche il cammino dei From Hands: duo aspro e disarticolato, edificato sopra ritmiche vorticose e concepito in compagnia del batterista Alessandro Calbucci. Una loro testimonianza è data dai cinque pezzi creati per la prima saga di “P.O. Box 52.”, una serie di compilation a tema, incentrate sulla musica (in senso alato) underground italiana. Copernico, Che non siamo, Am, n3, Gioco 3: tutti esempi di prodiga ed irruente free form; Calbucci picchia con sudore iconoclasta la batteria, mentre Coletti suona (o forse sfrega con innata violenza) quasi sempre un`elettrica. Struttura, oseremo dire, classica, fondata sulla proposta di un sound autenticamente acustico che ripercorre personalmente - e con più brutalità - duetti dalle lievi affinità , quali i Chevreuil (a confronto, dei giovincelli pacati) i Godz ed i Cheval du Frise. Elencare una lista di combi francesi non vuol dire riscontrare particolari assomiglianze tra i F. H. ed il sound dei gruppi di casa Ruminance: il paragone si limita soltanto alla comune struttura adoperata, chitarra/batteria, molto in voga tra i gruppi d`oltralpe.
ll tempo passa, Mattia non è una di quelle persone facilmente preda della pigrizia, la voglia di confrontarsi con stili e persone nuove diventa il motore trainante della sua carriera. E proprio su questa sete di conoscenza che nel 2004 viene dato alla luce un altro mini, uscito sempre per la mail series della wallace, che vede recare l`ingresso di una nuova sigla: 61 Winter`s Hat. Comincia così una ricco scambio di idee e una salda collaborazione con Fabio Magistrali, il quale oltre alla stesura di questo tre pollici, prenderà parte in futuro con una serie di contributi all`attuazione del primo album solista di Mattia, “Zeno”.
61 Winter`s Hat sfoggia un anima diversa da quelle incontrate sino ad ora: il proprio cuore pulsa ritmi e melodie che fanno intendere l`interesse crescente per suoni meno oscuri e più propensi ad intrattenersi con strutture bucoliche, avant-folk e minimaliste. La differenza con il mood dei Polvere si evidenza in primis nella non-alterazione (in fase di registrazione e di post-editaggio) al computer degli strumenti e nel maggior spazio riservato alla voce; quest`ultima è usata indistintamente da entrambi, diventa essa stessa uno strumento (in)definito, permea nei cinque assaggi con vena surreale e lisergica. Acido, proprio un pizzico di materia psichedelica si annida tra le pieghe del mini, in particolare dagli schizzi caldi di un organo suonato dalle mani di Magistrali. Coletti usa l`acustica con più dolcezza, riportando a galla suoni soavi di importanza fondamentale nei Collection Of Colonies Of Bees ed in altre formazioni, abituate a dosare estetica electro-glitch e folk music.
2006... oggi... “Zeno”... finalmente dopo un lungo periodo di prove e progetti, diversissimi tra loro, compare all`orizzonte il primo cd `completo` firmato da solo. Registrato, composto e mixato in prima persona tra l`Ottobre del `04 e Luglio `05, questo lungo `diario di bordo` sonoro si avvale alcuni frangenti del contributo di Magistrali alla registrazione, all`organo e alle chitarre in Clessidra Boy, Risoluzione Zeno e 13 Novembre. Spinto il tasto play del lettore, constatato il ruolo del `Magister` tra gli amici intimi, si concretizza all`istante il fascino onirico assaporato con i 61 Winter`s Hat.
Il mondo di Coletti è al completo, cominciando dall`acustica che apre i battenti, in via del tutto solitaria, soffiando negli animi lontane melodie folk para-tradizionali (Una e Due); voci che sciorinano lente, arpeggi di chitarra bucolici, melodie soffiate con assennata morbidezza, oggetti indecifrabili si scontrano e si sgranano in pulviscoli di suono (Red, Yellow Circe); cartoline che ricordano il minimalismo americano - da La Monte Young a Phil Niblock - si manifestato sotto forma di drones `rettilinei` a bassa variazione di tonalità , pennellate secche e spartane delle corde, vocalizzi paranoici (I Letti di Procuste); voce parlata, echi ombrosi di un pianoforte, stratificazioni elettroniche che dilatano il loro raggio d`azione (Gargantua e Pantagruel).
Il tragitto di “Zeno” si potrebbe facilmente scambiare con una delle tante opere esterofile in circolazione oggi: potremmo confonderlo con uno dei dischi di Six Organs of Admittance, cogliere da esso deja-vu con il piglio freak-folk dei Jackie o` Motherfucker, trasportare i ricordi nell`elettronica oscura di Nurse With Wound e Coil, riaffacciarci sui colori ripetitivi della drone-music...
Per un esame più attento della materia in causa rimando alla recensione di Alfredo Rastelli presente nell`archivio.
Dimenticavo prima di chiudere che da un po` di tempo si è venuta a creare una nuova collaborazione con il veronese Andrea Belfi, un nome sicuramente ben noto ai lettori di Sands. Con il batterista dei Rosolina Mar gli eventi si sono susseguiti nel tempo, seguendo un andamento piuttosto certosino. Solo da poco sono stati partoriti dei progetti, quali un mini-cdr (“Key On An Tongue”) per Frame, un altro che dovrà uscire per wallace e diversi concerti organizzati in giro per lo stivale. All`origine, però, il rapporto tra i due si era aperto solo tramite sporadici incontri, destinanti soltanto ad uno scambio reciproco di esperienze, e di note, tra due musicisti. Da questo duo scaturisce un'altra volta il lato elettro-acustico di Mattia, d`altronde era prevedibile attendersi una simile mossa, visto un compagno di avventura come Belfi. Unica differenza, si respirano minori tinte industrial e più concetti improv che indirizzano sia al minimalismo, sia al free jazz. Il live visto al Sisma di Macerata un annetto fa presentava la coppia a lavoro su di un continuo e reciproco scambio di suoni i quali, in particolare da Belfi, venivano quasi del tutto campionati e trattati in tempo reale. Dal vivo inoltre emerge un`anima più caotica, con evidenti venature di free-rock, mentre nel mini gli ambienti sondati sono più ponderati con un largo spazio dedicato ai field recordings, ad intrecci di percussioni ovattate, alla manipolazione di alcuni cocci di ceramica, prima frantumati e poi `suonati`, all`evoluzione frammentata e silente di chitarre discrete...
Nella discografia posta al termine dell`intervista non compaiono tutti i dischi realizzati, ma solo quelli `ufficiali`sostenuti di seguito da un`etichetta. Voglio solamente ricordare perchè lo merito un lontano promo condiviso con Francesco Gioia (anch`egli un giovane musicista marchigiano) ad harmonium e tastiere perchè meriterebbe molta attenzione da parte di una label.


ANGOLI MUSICALI 2016  
  Torna al Menù Principale
 Archivio dell'anno 2007 ...

Bowindo  

orchestre  

Steve Roden (intervista)  

18 Luglio  

Afe Records (con intervista ad Andrea Marutti)  

toshiya tsunoda  

Luigi Berardi  

robert wyatt  

Live!iXem.05  

ART.CappuccinoNet.com  

Daniel Patrick Quinn (intervista)  

intervista (ex) tavola rotonda sull'elettroelettroacustica  

sawako  

bernhard gál (aka Gal)  

allun / ?alos  

mattia coletti  

BääFest 3  

¾ HadBeenEliminated  

Stefano Giust (intervista)  

scatole sonore 2006-2007  

Populous (intervista)  

Chiara Locardi (intervista)  

Nora Keyes (intervista)  

Å (intervista ad Andrea Faccioli)  

la Fabbrica e la sua voce