Il tedesco Werner Durand, seppur meno conosciuto di quanto meriti, è un musicista che viene da lontano, di lui voglio ricordarvi almeno la presenza in alcuni gruppi guidati da Arnold Dreyblatt, intorno agli anni `90, quella negli Urban Sax e un tot di registrazioni in compagnia di Amelia Cuni.
Inventore e costruttore di strumenti, oltre che musicista, ha ottenuto queste colonne d`aria oscillanti utilizzando il suo pan-ney, un aerofono costituito da tubi di plexiglas di vari diametri e lunghezze. Il nome dello strumento richiama sia il flauto persiano (ney) sia il flauto andino a più canne (pan). Le sonorità , in verità , fanno pensare ancor più a quelle di un didgeridoo dalle timbriche meno calde e meno nere. L`ascolto dei brani, poi, nella sua varietà lascia intendere una duttilità d`uso molto superiore a quanto sia possibile immaginare.
A partire dal minimalismo del Theatre of Eternal Music, e passando per gli studi del classicismo indo-persiano, il percorso di Werner Durand sembra però svolgersi in piena autonomia, indifferente alle correnti principali seguite dalla sperimentazione musicale negli ultimi cinquant`anni.
La stessa pasta sonora si differenzia dalle derive elettroniche, chiaramente, ma anche da quelle acustiche che utilizzano fiati lignei e/o metallici. Le vibrazioni dell`aria su plastica danno vita a colorazioni proprie, e se un certo primitivismo traspare sembra avere però caratteristiche post-atomiche.
Non voglio illudervi rispetto all`ascolto, tutt`altro che facile seppure non si tratti neppure di una cosa troppo ostica, ma posso mettere una mano sul fuoco nella certezza che la musica di Durand finirà per assoggettarvi.
D`altro canto sono altrettanto certo che “Schwingende Luftsäulen” è un disco destinato a far salire le quotazioni in borsa del piccolo marchio romano che l`ha prodotto.
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