comaneci (articolo + intervista)    di sergio eletto (foto di lidia vannini)




«Alle Olimpiadi del 1976 una ragazzina entrò nella storia. Con inaudita grazia e movenze simili ad una farfalla incantò gli spettatori fluttuando tra le parallele e assegnandosi il primo 10 nella storia della ginnastica artistica.
Dal 2003 Nadia Comaneci ritorna alla mente di un trio ravennate che sceglie questo personaggio esile ma capace di arrivare ovunque contro ogni aspettativa, come rappresentativo di un minuto ma efficace progetto musicale.
» (Dal sito dei Comaneci)


E` vitale evidenziare da principio il legame simbolico che intercorre tra le flessuose, morbide acrobazie di Nadia Comaneci e il cortese, semplice, folk riscalda-cuori del trio ravennate. Andrea Carella (chitarra e voce), Francesca Amati (chitarra classica e voce), Jenny Burnazzi (violoncello) nobilitano questa loro avventura musicale con un `sigillo` che candidamente riporta alla mente note semplici, intime, dove melodia, malinconia e commozione albergano a volontà , compattandosi con straordinaria bellezza. Pochi elementi, `studiati` e offerti con spontaneità , permettono all`essenza folk dei Comaneci di `imprigionare` senza sforzi ogni fortunato avventore. Basta un sottile giro o gioco di chitarra, un respiro lento del violoncello, una voce fragile, a tratti notturna, in altri primaverile, per infondere nell`atmosfera un inspiegabile senso di ottimismo. Il piacere nell`udire queste ballate è immediato, si propaga a macchia d`olio per tutta la discografia del trio: una carrellata di lavori che, partita nel 2003, ha sciorinato due Ep auto-prodotti, un `importante collaborazione cinematografica, e finalmente, un full lenght ufficiale, “Volcano”, licenziato dalla Disasters By Choice.

Il primo mini cd, “1”, registrato nel 2004, è un denso caleidoscopio del mood Comaneci. Esso attracca da subito climi nostalgici e sognanti, decollando di volta in volta dentro arie più pimpanti e folk; come ben svelano lo slancio di One Night e il tocco rustico di Take Care. L`incanto della lentezza, del magico incedere di poche note, anche di pianoforte, sfiora il massimo del pathos in Beautiful Strenght. Qui, e altrove, la voce della Amati è onirica quanto pastosa, ma anche sottile, sussurrata, fumosa e piena di speranza: Arthur, ad esempio, è un cammino parallelo tra schizzi bucolici e lamenti nebbiosi, mentre la finale You Are Walking instaura un buon rapporto tra il canto sofisticato e i colori popular-traditional assunti dagli strumenti.
Va assolutamente ricordato che Beautiful Strenght, Arthur e Take Care hanno lasciato il segno - nonchè un ottimo ricordo - nella colonna sonora di “Provincia Meccanica”: lungometraggio nostrano prodotto nel 2005 e diretto dal giovane regista Stefano Mordini.

Personalmente ho conosciuto i ragazzi di Ravenna proprio con l`uscita nel 2005 del secondo capitolo discografico, anch`esso auto-prodotto e popolato da cinque piste, oscillanti tra `riflessione` cantautorale (Life Guard) e aggraziate geometrie folk: tenere, naturali ed un pizzico giocherellone (I Didn`t Think The Same). Potrebbe capitare che l`ascolto - in toto - dell`ep attivi legami con la materia folk di Cat Power ma rimane solo una vaga impressione (per nostra fortuna), non avvalorata dalla fortissima personalità dei Comaneci; i quali, casomai, si fondono idealmente e con più `ardore` al folk naif-raffinato dei Mazzy Star e alla voce di Hope Sandoval. In generale si acquista e nota maggiore complessità , partendo dalla voce di Francesca che suona con sensualità lasciandosi anche sorreggere, nel ritornello di I`ll Be Back Soon, dal timbro corposo di Andrea Carella. Il discorso della maturità mette radici anche nell`apparato strumentale ed espressivo, designando brani che, come Life Guard, introducono sprazzi improvvisi di `annebbiamento` e virulenza - decisamente sopra le righe - mediante l`incrociarsi `granuloso` di `cello e chitarra.
Si, proprio la chitarra ghermisce i tratti somatici di una creatura gentile, pacata, che si diverte un mondo a pennellare a-soli e accordi, surreali e bucolici, che recapitano un solido e fantasioso tappeto all`intera opera. Jenny Burnazzi merita di esser ricordata con particolare affetto per il contributo ritmico che consegna in Our Truth, pizzicando e picchiettando metronomicamente le corde del violoncello.

L`anno corrente ha immortalato finalmente il debutto `ufficiale` dei tre che danno alle stampe “Volcano” con la capitolina Disasters By Choice.
Precisiamo subito, e senza mezzi termini, che il suddetto cd è un ottimo manifesto di avant-folk minimale; indi cui si spera che, avendo goduto di una distribuzione più capillare, abbia riscosso la visibilità che gli spetta. E` interessante aprire il varco sul contenuto, enunciando le parole che Etero Genio pone da overture alla propria recensione:
«Qual è la 'possible music' di un futuro post-diluviano, quando le acque si ritirano e la terra torna a sorridere, mentre la memoria indugia nel ricordo delle sventure appena trascorse e le speranze vanno ad un futuro che appare radioso e nel quale la vita scorre in armonia con il cosmo, e gli unici profumi che si sentono sono quelli delle violette e dell'innocenza? Ebbene, la musica che immagino di poter ascoltare in un quadro celestiale di questo tipo assomiglia molto a quella dei Comaneci.»
Un siffatto immaginario suona meglio di qualsiasi descrizione proto-razionale nei confronti di quest`opera. La musica sfociata da “Volcano” è pura quiete, è pura bellezza, è puro incanto e melodia. Una musica disseminata da un senso di pace e meditazione, difficilmente sottomessa a incrinature di smorto e mediocre stampo melodico: a partire dalla ninna-nanna felpata in Static che, parsimoniosamente, sfocia dentro aperture corali ed armoniche dolci e cristalline; oppure attraverso gli accompagnamenti del violoncello e della chitarre in Nothing II e nella `fosca` You`re Liars. Dentro scoviamo annidate, e strette tra loro con intrinseca armonia, 12 ballate, una più bella dell`altra, tutte originali ad eccetto delle ultime tre che risalgono ai precedenti demo. Sullo spazio myspace del gruppo balza all`occhio la linea polivalente che si `adotta` nello scegliere e collocare gli artisti e le band che ispirano e colpiscono con più fascino i neuroni dei componenti; la mappa è sicuramente variopinta, procede per numi tutelari del cantautorato, più o meno folk, americano (Johnny Cash, Leonard Cohen, Mazzy Star e Tim Buckley), lambisce essenze rock più elettrificate (Sonic Youth, Husker Du e AC/DC), tocca padrini della canzone d`autore italiana (Fabrizio De Andrè e Luigi Tenco) e approda a realtà emergenti del panorama electro-pop e/o folk-tronico (Mum, Sophia). In “Volcano”, inoltre, i tre agguantano scioltezza e spontaneità assoluta nel perseguire lande meravigliosamente malinconiche: il cuore si raggomitola su se stesso e piange ettolitri di lacrime di gioia quando ode perle della stazza di Nothing I, Knock Me Down e Summer Hit.
I Comaneci fortunatamente sono impegnati in maniera piuttosto costante nell`attività concertistica e, proprio da ciò, si scopre durante l`intervista l`amore nascente per la Sardegna e per la terre di mezzo in generale; località divise tra la città e la campagna, di provincia, che ipoteticamente immaginiamo cantare e narrare nei testi delle canzoni.

Chi bramasse, giustamente, affondare lo sguardo con maggiore impeto nell`avant folk dei ravennati può rispolverare attraverso l`archivio di Sands Zine la recensione del secondo Ep e la disquisizione, già citata prima, di Etero Genio riguardo “Volcano”.



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