The Didgeridoo Discovery    di Giuseppe Verticchio





LETTURE: "The Didgeridoo Discovery" di Andrea Ferroni e Alberto Furlan, con CD didattico allegato. Associazione Culturale Yidaki (2006)





Il Libro

Conoscendo il didgeridoo da prima del 1998, anno in cui acquistai e cominciai a suonare il mio primo esemplare in bamboo reperito con estrema difficoltà , avendo letto già molto negli anni successivi a proposito di questo antico e affascinante strumento australiano e a proposito della cultura aborigena, e avendo già letto in particolare l'interessantissimo libro "L'albero che Canta - Il didgeridoo e la respirazione circolare" scritto da Claudio Ricciardi ed edito in prima edizione nel 2003 da Eucos (del quale peraltro è appena uscita una terza edizione sostanzialmente ampliata nei contenuti e nel numero delle pagine), pur conoscendo bene l'estrema competenza di Andrea Ferroni sull'argomento, mi chiedevo, prima di accingermi alla lettura di questo libro, quanto altro avrebbe potuto aggiungere di effettivamente interessante a e a me ignoto alle mie conoscenze in proposito, e quanta parte del libro che avevo appena ricevuto sarebbe invece stata soltanto una riproposizione, in chiave e forma diversa, di argomenti e informazioni da me già abbondantemente acquisite nel tempo.
Ebbene, dopo aver letto con grande interesse e attenzione questo nuovo testo, debbo dire di essere rimasto piuttosto sorpreso da come Andrea Ferroni, profondo conoscitore dell' "universo didgeridoo", nonchè artista di indiscussa notorietà , sia riuscito a "condensare" in circa 200 pagine una quantità di informazioni estremamente ampia e di estremo interesse, arrivando a trattare, con grande competenza e serio spirito di ricerca, argomenti sui quali fino ad ora ero riuscito a raccogliere solo informazioni sparse e frammentarie, spesso trattate in modo superficiale o quanto meno in modo molto incompleto e poco "metodico".
Il grande pregio e merito di questo libro infatti è non solo quello di "aggiungere" nuove informazioni a quanto gli appassionati di questo argomento siano già riusciti a "scoprire" fino ad ora, ma anche quello di raccogliere e riunire in un unico testo, ben strutturato, ben scritto e organizzato con criterio, una vasta serie di informazioni e nozioni fino ad ora "circolate" in forma sparsa solo su riviste, siti internet, altri testi pubblicati, quando non semplicemente "tramandate"a voce da fonti di attendibilità non sempre certa e quindi non sempre "verificabile".
L'aura "misteriosa" che per lungo tempo ha circondato questo strumento australiano, che solo da pochi anni ha quasi "invaso" il mondo occidentale, seppure più nelle sue forme non originali (prevalentemente di fabbricazione indonesiana) che non in quelle "vere" e "tradizionali" aborigene, ha fatto sì che una vasta serie di informazioni assolutamente imprecise e talvolta assolutamente false siano divenute purtroppo di pubblico dominio, tanto da rendere piuttosto difficoltoso, per chi si avvicini solo ora alla conoscenza di questo strumento e della cultura aborigena australiana, riuscire a "districarsi" tra informazioni attendibili e semplici dicerie, realtà storico-culturali e credenze popolari, testi veritieri e degni di merito e considerazione, e scritti assolutamente inattendibili di improvvisati critici/giornalisti/etno-musicologi che tutto ciò che sanno sulla cultura aborigena è, ad esempio, quanto hanno potuto leggere sul patetico romanzo "E venne chiamata due cuori..." di Marlo Morgan.
In questa specie di "jungla" di circolanti informazioni più o meno veritiere, il libro di Ferroni viene finalmente a fare un po' chiarezza, proponendosi come testo che, pur senza pretendere di essere assolutamente esauriente nei molteplici argomenti trattati, pone finalmente dei punti fermi; analizza, descrive e chiarisce in una forma scritta assolutamente semplice e comprensibile da tutti argomenti anche di difficile trattazione, quali ad esempio la parte tecnica relativa all'utilizzo dello strumento, alla emissione dei vari suoni e alle tecniche per comporre ritmi, in questo caso specifico coadiuvato dal valido supporto del CD audio didattico fornito in abbinamento al libro.
Ciò che ho particolarmente apprezzato, leggendo i vari capitoli che trattano specificatamente la costruzione del didgeridoo, le sue forme, i suoi materiali, le caratteristiche sonore, nonchè le tecniche di respirazione e le esecuzioni di suoni e ritmiche, è il fatto di aver trovato per la prima volta "razionalizzate" e metodicamente analizzate e descritte ordinatamente una serie di intuizioni/nozioni che in forma istintiva e meno "razionale" avevo personalmente acquisito nei lunghi anni che ho dedicato a questo strumento, senza però essermi mai preoccupato di comprenderne e "fissarne" esattamente, a livello di conoscenza, le concrete motivazioni fisiche-morfologiche-fisiologiche.
Intuire infatti a livello istintivo una cosa, e comprenderne razionalmente ragioni e meccanismi "fisici" che la determinano e la controllano, conduce indiscutibilmente ad una maggiore consapevolezza, e ciò è di estrema utilità non solo dal punto di vista prettamente cognitivo ma anche e soprattutto dal punto di vista più strettamente pratico/concreto.
Tra gli argomenti Andrea Ferroni effettua una panoramica sui più significativi interpreti di musica tradizionale e sui più noti artisti del panorama italiano e internazionale, descrive le caratteristiche di didgeridoo "alternativi" costruiti con diversi materiali (bamboo, agave, canapa, plastica, cuoio, ceramica, vetro, vetroresina, cartone) nonchè ulteriori "varianti" quali i didgeridoo estensibili e il curioso quanto facilmente trasportabile "didgebox"; si sofferma sulle fasi costruttive di un didgeridoo in legno ottenuto tramite taglio longitudinale, svuotamento interno e successivo incollaggio delle due parti opportunamente lavorate; affronta la scelta dello strumento, la sua manutenzione, la riparazione di crepe; descrive i principi base sul didgeridoo, l'imboccatura, la campana, le forme più ricorrenti, le caratteristiche sonore; riporta brevi studi sugli armonici e sulla dinamica del suono, spiega il significato esatto e le componenti che determinano la pressione di ritorno, o backpressure, di uno strumento.
Aggiunge cenni sulla fonetica, insegna ad assumere una corretta postura, e a posizionare in modo opportuno sulle labbra l'imboccatura dello strumento quando si suona.
Descrive la tecnica della respirazione circolare, la respirazione di guance, mandibola o lingua, la respirazione passiva, la respirazione sul "toot", o "effetto tromba"; prosegue trattando l'argomento dei suoni, quindi gli armonici, l'uso della voce, e tecniche come il "rolling", il "wok", il "glottal stop", il "jaw drop" e l' "overdrive", il già citato "toot"; si addentra nelle varie tecniche per comporre ritmi, attraverso l'uso della lingua ("tongueing" o "duble tongueing"), la mandibola (double jaw), la gola. Conclude con alcuni cenni su musicoterapia e massaggio sonoro, un utile glossario, un elenco di CD musicali consigliati.
Coautore del libro, seppure il suo contributo è quantitativamente (non certo qualitativamente o in termine di interesse...) marginale, l'antropologo Alberto Furlan "firma" i due capitoli introduttivi, nei quali tratta la pratica musicale nella cultura aborigena australiana, e quindi i miti dell'origine, i cerimoniali, i modelli di espressione musicale, gli strumenti, la "canzone" aborigena, l'importanza dei luoghi, dei disegni e del corpo durante le esecuzioni rituali (argomenti che aveva in parte già trattato in un suo contributo nel già citato libro di Claudio Ricciardi "L'albero che Canta - Il didgeridoo e la respirazione circolare"), nonchè l'influenza della musica occidentale nella più recente espressione musicale aborigena, e quindi la "nuova" tradizione e la musica pop-rock degli aborigeni australiani.
Pur non comparendo come coautore, Paride Russo ha curato la stesura dell'undicesimo capitolo, inerente la tecnica "Hard Tongue", tradizionale del Nord East (Arnhem Land), e lo stile del West Arnhem Land.
Necessario un doveroso cenno all'operato di Angsar-Manuel Stein per quanto riguarda le illustrazioni didattiche e la copertina del libro.


Illustrazioni:

1. Copertina del libro.
2. L'autore Andrea Ferroni durante la lavorazione di un didgeridoo.
3. Tecnica del double jaw.
4. Tipi di imboccatura.
5. Didgebox.
6. Didgeridoo in vetro soffiato.
7. Didgeridoo tradizionale.
8. Possibili forme del didgeridoo.
9. Difetti di imboccatura.


Gli autori

Andrea Ferroni
Nasce a Torino nel 1977.
Conosce il didgeridoo nel 2001 durante il primo festival di didgeridoo in Italia, e dall'anno seguente inizia lo studio dello strumento come autodidatta, seguendo anche corsi e seminari all'estero, raggiungendo in tempi brevissimi risultati assolutamente sorprendenti.
In meno di quattro anni arriva a partecipare come musicista ai più prestigiosi festival Europei di didgeridoo, in Germania, Svizzera, Francia, Gran Bretagna e Italia ottenendo ottimi riscontri dalla critica e positive recensioni su riviste del settore. Nel 2003 fonda la "Scuola del didgeridoo", e nel 2006 insegna alla scuola di musica etnica "Iat Gong" di Genova.
Negli ultimi anni si conferma come maggiore protagonista della scena italiana per quanto riguarda il didgeridoo, registra diversi CD, e fonda l' Associazione Culturale Yidaki, attraverso la quale distribuisce "Yidaki News", fanzine trimestrale dedicata al didgeridoo, alla cultura aborigena e alla musica etnica più in generale.
Nel 2005 ha curato, sempre attraverso l' Associazione Culturale Yidaki, la realizzazione di una compilation italiana di didgeridoo, "Compilation.Didgeridoo.IT", alla quale hanno partecipato molti artisti italiani tra i quali Claudio Ricciardi, Ilario Vannucchi, Laura Inserra, Cristian Pannega, Fiorino Fiorini, Paride Russo, Lorenzo Niego, Roberto Boschi, Florio Pozza, Dario Falzari, Giuseppe Verticchio, Stefano Focacci.
Andrea Ferroni costruisce personalmente i propri didgeridoo, compiendo al contempo numerosi studi di ricerca in ambito sonoro.
Attraverso il sito www.windproject.it è possibile acquistare strumenti costruiti da Andrea Ferroni, nonchè avere informazioni su corsi e workshop che lo stesso Ferroni tiene periodicamente in varie parti d'Italia.

Alberto Furlan
Nasce a Treviso nel 1975 e scopre l'antropologia durante il corso di studi in Filosofia presso l'Università Ca' Foscari di Venezia.
Dopo un periodo di ricerca in Australia si laurea con una tesi sul corpo e paesaggio delle popolazioni aborigene australiane. Nel 2001 si trasferisce in Australia, dove vive tra Sydney e Wadeye (Territorio del Nord).
Nel 2005 consegue un dottorato di ricerca in Antropologia presso l'Università di Sydney, con uno studio su tre generi musicali dell'Australia nord-occidentale.
Attualmente vive e lavora come antropologo consulente nel Territorio del Nord in Australia.
Sempre a proposito di pubblicazioni italiane relative al didgeridoo ricordiamo il suo significativo contributo al libro di Claudio Ricciardi "L'albero che Canta - Il didgeridoo e la respirazione circolare" edito in prima edizione nel 2003 da Eucos.


Discografia di Andrea Ferroni:

CD-R: "Windproject"; autoproduzione, 2003
CD-R: "Nioises & Voices"; autoproduzione, 2004
CD: "Tribal Revolution" (con Riccio); Associazione Culturale Yidaki, 2005
CD: "Breaking Through" (con DeeDee, Fabio Santagostino, Roberto Laneri, Ilaria Drago, The Wimshurst's Machine, Roberto Canone, Paolo Sanna, Giuseppe Verticchio/Nimh, Marco Trochelmann); Associazione Culturale Yidaki, 2006.







Siti web:

www.andreaferroni.it
www.windproject.it
yidaki.didgeridoo.it
aborigeni.didgeridoo.it


Email:

Andrea Ferroni:
info@andreaferroni.it

Alberto Furlan:
clownfish@tin.it



ANGOLI MUSICALI 2016  

Manuele Cecconello (intervista)  

le ricette creative della centenaria nonna rosa  

marco becker (intervista)  

i bassotti  

Czech tour  

Terminal (con intervista a Luca Pakarov)  

Angelo Petrella  

The Didgeridoo Discovery  

Polvere - Memorie del tour giapponese  

Elegia del Super 8  

Scatti in Movimento  

tepuy - el mundo perdido  

L'albero che Canta (recensione)  

Ecologia della musica - Saggi sul paesaggio sonoro ( recensione)