my dear killer / under my bed (intervista)    
di Matteo Uggeri (foto di Enrico Mangione, e altri)





«Le mie canzoni rappresentano la tristezza, la rassegnazione e, quindi anche la rabbia, principalmente con se stessi, di sapere di essere inadeguati e di essere, quasi certamente, la causa prima dell`abisso di desolazione in cui ci tocca trascinarci ogni sacrosanto giorno, fino all`inevitabile». Questa frase che sembrerebbe la poetica cantautorale di Celine (non Dion) è ben rappresentativa dell`attitudine musicale, e forse non solo, di Stefano Santabarbara, in arte My Dear Killer, che se avete avuto occasione di vedere dal vivo vi ha probabilmente trasmesso questo tipo di sentimenti a suon di note ossessive di chitarra acustica e voce sofferta. Per fortuna, più sua che nostra, c`è molto di più dietro all`estetica coerente e piuttosto radicale del cantautore lombardo (non Dave) e ci se ne accorge già scorgendo la lista degli eterogenei artisti pubblicati dalla sua Under My Bed. Parlando con lui in lunghe pause pranzo ho scoperto che dietro, o meglio dentro all`uomo che ha intitolato il proprio primo disco “timidezza clinica” ci sono anche una valanga di ironia ed esperienze musicali vissute tra Londra, Glasgow, Parigi e l`Alabama (sì quella di sweet home) che spiazzano e incuriosiscono. Gli abbiamo dunque chiesto di raccontarci un po` di cose di sè e della cameretta sotto il cui letto custodisce vagonate di dischi, sofferenza e spietata ironia.


La tua collocazione musicale è (meritoriamente) incerta: mi verrebbe da dire tra indie e industrial, due termini assonanti ma posti agli antipodi. Mi riferisco soprattutto al primo disco, dove cantautorato e rumore si scontrano senza guardarsi in faccia. Ed in più le grafiche, con quei bianchi e neri, le immagini al tratto/fotocopiate, un certo immaginario cupo che fa molto più Throbbing Gristle che rock & roll...
Direi che la mia anima rock`n`roll è abbastanza sopita e giace sotto ampi strati di cenere, anche se a volte poi il fuoco si rianima, ma sono brevi fiammate. Il bianco e nero è una scelta pressochè spontanea; in primo luogo, ho sempre avuto una predilezione per la fotografia in bianco e nero, oppure per grafiche piuttosto contrastate, a cromia limitata, se esiste questo termine, per cui, quando con Under My Bed ci siamo imbarcati nelle prime uscite, e allora si usava ancora l`ottima fotocopiatrice, non ho mai vissuto l`uso del bianco e nero come una limitazione, quanto un fatto naturale nel contesto della proposta dell`etichetta. Quindi anche per la prima uscita di My Dear Killer, quando a tutti gli effetti non c`erano vincoli legati al formato della grafica, parlando con l`ottimo capitano di fregata di Boring Machines, è uscita l`idea di stampare su cartoncino nero le grafiche, l`idea m`è parsa subito ottima, abbandonando la bambina in altalena che ha presenziato sulle sette/otto versioni del demo, tutte uguali per altro. Per citare ONQ... e per quel che riguarda la collocazione di genere, penso che in realtà si dovrebbe, in generale, abbandonare del tutto l`idea di catalogare le varie proposte in scompartimenti stagni, anche se mi rendo conto che in qualche maniera è necessario descrivere la proposta di un gruppo. Credo che sia più o meno inevitabile essere influenzati, più o meno coscientemente, da quello che si ascolta durante gli anni, anche da cose che a tutti gli effetti si potrebbero definire becere, e che quindi alla fine si entri in un qualche golfo di interfaccia tra generi che possono sembrare, a prima vista, poco affini. Oppure è banalmente un sintomo palese di schizofrenia, e per altro, se mi nomini i Throbbing Gristle mi emoziono, e quindi, nel mentre che mi riprendo, magari rispondo alla prossima domanda...

Onga ha citato più volte il tuo caso, riferendosi a come sceglie gli artisti per BM, dicendo «Uno che mi fa canzoni di cantautorato melodico e poi le sommerge di feedback: ecco, una cosa così non l'avevo mai sentita. Ho voluto pubblicarla». Ecco: non è una novità , in realtà , vedi Jesus and Mary Chain, Sonic Youth... però è vero che nel tuo caso è un po' diverso. Pare quasi davvero che il feedback non sia parte integrante del brano, ma una cosa a lato, un sostrato fastidioso ma necessario...
Non ti so dire esattamente come sia nata esattamente l`idea di sommergere le canzoni un tappeto di feedback; da quando però ho cominciato a suonare come My Dear Killer ho sempre covato l`idea di sovrapporre alla parte melodica una stratificazione di tipo rumoristico, strumentale-elettronico, così come dei suoni da presa ambientale. Essenzialmente per ragioni tecniche, nei primi demo in cui ho registrato tutto in presa diretta in mono su cassetta, e non disponendo di granchè di materiale tecnico, quest`aspetto dell`idea originale, è rimasta tale: un`idea. Per le registrazioni di “Clinical Shyness” per la prima volta ho avuto occasione di mettere mano ad un otto tracce a bobine, anche se ne funzionavano solo sette. Quindi, registrate le tracce principali, mi rimanevano almeno altre 4 tracce da riempire: sarebbe stato uno spreco lasciarle vuote. Inizialmente, sconfiggendo anche un minimo di resistenza di Lorenzo (Nasten`ka) che mi ha aiutato nelle registrazioni, ho pensato di mettere una taccia di feedback chitarristico (al limite del delirio e con la classica chiamata da parte del vicino adirato) sul pezzo forse più tranquillo di tutti, Wish Talker. A dire il vero, sia io che Lorenzo abbiamo registrato questo semi delirio in contemporanea, mettendo in serie tutta la pedaleria che abbiamo trovato nelle scatole. Al riascolto immediato abbiamo capito che l`esperimento aveva funzionato: a quel punto s`era sulla via del non ritorno; non amo le cose disomogenee, quindi sommerso un pezzo, inondato l`intero disco.
In realtà , in questo momento sto cercando di “liberarmi” dal giogo del feedback chitarristico, pur rimanendo un elemento caratterizzante di My Dear Killer, parte del percorso è quello di tentare di dosare lo stordimento, anche perchè vorrei rendere il disco più simile alla proposta dal vivo.

E i campionamenti che spesso si sentono? Qualcosa mi dice che non sono scelti a caso, che significano qualcosa...
In genere sono l`ultima cosa che scelgo, e la scelta avviene quasi sempre in fase di registrazione. Per un po` mi sono divertito a fare alcune registrazioni ambientali, specialmente in Scozia dove ho abitato per quasi due anni, e che spero di usare nel prossimo disco, se mai riuscirò a terminarlo. In genere i campioni vocali sono dati da “fulminazioni” - se si può usare questo termine un po` pretestuoso - che mi vengono in mente riascoltando i brani in fase di mixaggio e sono probabilmente legati a ricordi semi inconsci tra gli eventi associati alla scrittura della canzone, e al contenuto del campione stesso. Quindi, anche se non sono scelti del tutto consciamente, non sono nemmeno totalmente casuali. Dei campioni freudiani, o junghiani.

Molto è giocato poi sulle dinamiche, a fronte di strutture poco vicine alla 'canzone', mi pare. C'è una forte ricorsività delle melodie... anche questo fa un po' industrial, per le mie orecchie '80...
Sono d`accordo. L`elemento principale nei brani è la dinamica, sia nella melodia, così come nella parte rumoristica. In realtà tutti i pezzi sono molto semplici come struttura, difficilmente mi lancio al di fuori dello schema strofa-ritornello per i brani più complessi, (figuriamoci gli altri), probabilmente perchè non ne sarei nemmeno in grado. Quindi, in assenza di dinamiche il tutto diverrebbe ancora più monocorde di quel che già forse è. E` certo che l`allitterazione è un elemento centrale di molta musica industriale, così come del cosiddetto noise, e successivamente del sempre così detto post-rock, quindi tutto abbondantemente tra `80 e `90. Alla fine quello è il periodo in cui sono cresciuto e in cui ho raggiunto una certa maturità di ascolti e capacità di critica. Il fatto che abbiano lasciato un`impronta più o meno visibile in quel poco che si riesce a rielaborare personalmente è inevitabile. Per altro è un accostamento che trovo più che lusinghiero.

Resta comunque il fatto che la tua mi sembra una musica molto 'de core', se mi passi il termine grezzo. Voglio dire che l'interpretazione vocale, le melodie in minore, una malinconia diffusa e spesso anche una rabbia mal sopita sono alla base di tutto...
Sì, anche in questo caso sono d`accordo. Alla fine, My Dear Killer è la prima cosa che ho fatto sostanzialmente da solo, anche se mi farebbe piacere avere “compagnia” nel progetto, ed è certamente la cosa più personale dal punto di vista del coinvolgimento emotivo, anche per il fatto che ci sia il cantato, mentre in precedenza m`ero sempre districato per progetti a carattere strumentale. Il tutto è partito più per restare sui nastri in cameretta, che come progetto vero e proprio, per cui senza avere barriere o remore di esprimere dei sentimenti, tutto sommato di una sfera abbastanza intima, privata. E` per questo, penso, o almeno spero, che ciò che traspare dai brani di MdK è una certa forma d`onestà , che la melanconia non è una facciata o una posa, ma semplicemente una risposta spontanea, come dici tu “de core”, e che i pezzi riflettano quelli che alla fine sono i miei sentimenti nei confronti di situazioni in cui mi sono venuto a trovare. Detto in una frase: rappresentano la tristezza, la rassegnazione e, quindi anche la rabbia, principalmente con se stessi, di sapere di essere inadeguati e di essere, quasi certamente, la causa prima dell`abisso di desolazione in cui ci tocca trascinarci ogni sacrosanto giorno, fino all`inevitabile.

Uno che avesse ascoltato il tuo primo (e sino ad oggi unico) CD e poi ti sentisse a un concerto ora, credo rimarrebbe spiazzato: dal vivo ti ho visto con la sei corde folk, senza ampli, senza feedback, senza samples. Parlami di questo passaggio.
Ecco, in realtà non c`è mai stato nessun passaggio dal “rumorismo” all`acustico. Semplicemente, dal vivo, ho quasi sempre suonato solo voce e chitarra, inizialmente più con l`elettrica, a meno della gentile cooperazione, quasi sempre improvvisata, di altri loschi figuri. Per esempio l`unico breve tour di presentazione di “Clinical Shyness” l`ho suonato con Alex Viccaro (aka Prague/Smou nonchè Eaten By Squirrels): Onga disse il tour della morte, e forse non aveva tutti i torti. Temo che lo shock sia per chi non si sia mai accostato a MdK e si sorbisce un concerto praticamente acustico, e poi avendo la malaugurata idea di accaparrarsi il BM#1 si trova immerso in un lago di distorsione, con voce inudibile e non il viceversa. Ma shoccati, intendiamoci, sono rimasti ben pochi... Come t`ho già accennato, nel prossimo lavoro, che dovrebbe chiamarsi “The Electric Dragon of Venus”, l`elemento rumoristico puramente noise sarà in parte edulcorato: l`ho già fatto una volta e poi ci sono sempre gli inarrivabili American Music Club, nonchè i My Bloody Valentine... Allo stesso tempo sto lavorando, come le autostrade, per portare parte dell`elemento rumoristico anche dal vivo. Spero per l`uscita del disco, che è da definirsi e in gran parte dipende da quando riuscirò a terminare le registrazioni, di aver finito con le saldature (ad arco) e di aver quindi assemblato il biroccio noise.

Prima di passare un po' all'argomento dimmi come registri. Mi pare che sia molto nell'ottica DIY, giusto?
La registrazione è chiaramente DIY, e si sente, in taluni casi è un pregio, in altri, un difetto o meglio, un limite. Allo stesso tempo è una scelta, da un punto di vista, perchè facendo praticamente tutto da soli si ha una totale libertà , non ci sono strette temporali, e c`è anche della volontà autarchica, e una costrizione dall`altra, perchè comunque non avrei mai sufficienti dindi, nemmeno spaccando il salvadanaio, a meno di non fare una `dura col ferro`, di andare in un vero studio. In realtà registrare, specialmente inizialmente, lo trovavo anche divertente, cominciando dall`uso appunto di arnesi tipo il walkman, lo stereo compatto attraverso il mixer 4 piste da 10.000 lire alla bancarella del mercato, fino all`unica idea brillante che abbia mai avuto, registrare solo l`audio su VHS stereo... Ora ho in comproprietà un 8 tracce a bobine (TASCAM 80-8), di cui una non ha mai funzionato e un`altra m`ha fatto recentemente `ciao ciao` con la manina. Cerco di utilizzarlo il più possibile, ma spesso devo ricorrere, specialmente per le sovraincisioni `esterne alla cameretta` (l`arnese pesa mezza tonnellata), alle `nuove` tecnologie digitali. Per la registrazione di “Clinical Shyness” ci sono abbondanti dettagli nel libretto interno (e sono anche riportati sul sito www.undermybed.org/mdk/clinical.html) ce n`è da annoiare il più maniaco dei fonici infoiati, financo la marca di carta igienica che abbiamo usato per tapparci le orecchie, mentre il vicino telefonava ai grippa.
Il singolo Glass Glow che è uscito come split 7” (sempre Boring Machines) è stato registrato più o meno nella stessa maniera, ma utilizzando dei microfoni a condensatore stretto, invece che i classici SM58, ancora ospiti a casa di Lorenzo, che ogni tanto mi accoglie per queste mie uscite estemporanee. Le prossime cose in uscita le ho registrate ancora in cameretta, con l`otto tracce e due microfoni in circa tre metri quadri, guardando verso l`armadio e ingessato come la mummia di Tutankhamon. Di solito i mixaggi li faccio in diretta, utilizzando il reverbero di un vecchio mixer come insert nel mixer effettivo, e con un compressore autocostruito sui finali, e digitalizzando tutto con una banale scheda audio a due piste. Come ti dicevo, le sovra incisioni del “dragone” saranno invece fatte direttamente in digitale, sia per i problemi nello spostare il mostro, sia perchè con 6 tracce il limite fisico si raggiunge prontamente... ho poi un piccolo set-up per masterizzare, che chiamo pomposamente MafarKa BoX, ma che poi sempre sono io in cameretta... ecco non consiglierei se non ad un fachiro di venire a registrare nel mio bugigattolo, ma per la masterizzazione mi sto facendo le ossa (di morto, nel senso del dolce, che comunque non può competere con la crostata).

Quindi se capisco bene anche tutti gli artisti UMB seguono dettami più o meno simili? Con che criterio sono scelti e pubblicati?
Mi sembra di capire anche che privilegi formati poco convenzionali, o `poveri` (7``, CD-R...). Cos`hai in programma come UMB per il futuro?
Sì certamente. Quando fondammo UMB l`idea era di fare cassette, che nel 2001 non erano di moda... però dopo un paio di tentativi di inviare materiale, e dopo la risposta abbastanza onesta che il lettore delle cassette uno non l`aveva più nemmeno in automobile, abbiamo prontamente virato verso i CDr: l`unica alternativa che si può realizzare in casa. A parte la deperibilità del prodotto (ma sto pensando di organizzare un archivio sul sito della UMB con tutte le cose di cui non ho più copie) è comunque l`unica alternativa no-frill alla cassetta, il cui ritorno di moda devo dire mi fa un certo piacere, non fosse che è circondata un po` da eccessivo hype.
Il 7” e il vinile in genere è un supporto che mi piace molto dal punto di vista estetico, e la tangibilità fisica del vinile è insuperabile. Come UMB non ne abbiamo mai fatti, per ragioni essenzialmente di budget, anche se mi piacerebbe fare qualcosa nel futuro. Invece ho avuto il piacere di comparire personalmente in ben due split 7”, il primo con Prague, edito da Eaten By Squirrells (2002) e l`anno scorso, con Rella the Woodcutter (Boring Machines). Mettere il proprio 7” sul giradischi, anche se in generale non mi piace molto riascoltarmi, dà un grande senso di soddisfazione. Quello che ti fa dire vale la pena dannarsi l`anima in queste cose `musiche` e riscatta i periodi più frequenti di frustrazione.

Tu hai vissuto parecchio all`estero, Londra , Glasgow, Parigi, Alabama: come vedevi la situazione italiana da fuori, non solo in senso musicale?
E` difficile rispondere in maniera sintetica. Sulla situazione musicale rispetto all`Inghilterra credo che le differenze siano abbastanza facili da individuare: sostanzialmente in Italia c`è 1- una carenza di locali/promotori con abbastanza ampia visione tale da dare supporto e visibilità ai gruppi “non mainstream” (o non tendenti al tale); 2- detto in parole spicciole, i gruppi, così come i locali, se la tirano meno. Qui citerei gli Skiantos: «canto senza l`impianto, se è il caso». Quella è la filosofia. Ovviamente la cosa è più complessa, ma facendo una sintesi direi che questi sono i punti salienti. Vivendo all`estero mi sono reso conto che spesso si fa di altri paesi dei miti, mentre ci sono cose che si pensa `succedano solo in Italia` che invece accadono dovunque. Essere presi per i fondelli per i comportamenti macchiettisti del Silvietto devo dire m`ha dato parecchio fastidio, anche perchè rappresenta solo una parte dell`Italia. Drammaticamente esiste quella parte, ed è consistente e con l`uso scaltro dei mezzi di informazione (e decerebralizzazione) di massa quell`uomo e i suoi adepti/referenti hanno costruito un modo di pensare becero e culturalmente arido che sarà difficile da estirpare, anche perchè non intravedo lungimiranza nei successori del Nostro (o meglio Mostro). Anche qui, se devo semplificare all`osso, la differenza principale che mi pare di aver avvertito è la corruzione. La corruzione c`è ovunque, ma è la misura nella quale è diffusa in Italia, e la misura in cui la frazione del denaro pubblico che viene deviata verso le tasche di `privati` invece di andare a frutto della comunità che è abnorme. E` chiaro che in questa situazione lo stato non riesce a `sviluppare` infrastrutture, sia tecniche che scientifico culturali, perchè se invece di mettere il denaro in una biella lo infila in un colabrodo quel che resta è poco. Una cosa significativa, la porto come esempio, anche se è banale: in Inghilterra un ministro s`è dimessa perchè il marito, non lei, ha comprato un film porno via internet con la carta del ministero (gli sarà costato, che ne so 50 sterline, 60 euro, esagero!). Da noi gente sospettata di aver detratto milioni si nasconde dicendo che bisogna aspettare il corso della giustizia... e noi tolleriamo. Lì se ne vanno perchè ancora la gente si indigna. Mi pare che come italiani abbiamo perso, collettivamente, la forza di ribellarci, e anche quella di aggregarci... singolarmente si può fare molto, ma non abbastanza. Questo mi fa pensare che anche nel campo della musica è un po` così, ci sono artisti/etichette che singolarmente fanno grandi cose, ma rimangono isolati, non credo per volontà ma perchè ormai questo è il tessuto sociale... ovviamente ci sono eccezioni...

Hai anche avuto occasione di vedere parecchi live di band che non sempre transitano in Italia: qualche evento memorabile, concerti indimenticabili?
E` vero che particolarmente a Londra gira praticamente di tutto, e che ho fatto un periodo in cui ho visto talmente tanti concerti (2002-2004) che faccio quasi fatica a ricordarmeli tutti, infatti non ce la faccio; d`altra parte i concerti che veramente m`hanno `cambiato la vita`, o meglio dovrei dire rovinato, li ho visti in Italia quand`ero un pivello, in primis i Sonic Youth del tour di “Dirty”, così come quando vidi in breve sequenza Unsane e poi Uzeda dopo un periodo in cui avevo perso la voglia di fare le cose, e mi diedero una vera e propria spronata al morale. Se dovessi scegliere tra i concerti che ho visto a Londra: i Low con Shannon Wright (a Shepperd`s Bush Empire, credo), gli Slint (visti a ATP e anche successivamente), perchè vederli dal vivo era una cosa su cui avevo perso speranza ed è una delle poche band per cui nutro una sorta di culto. Poi i Sebadoh, per la stessa ragione anche se avrei voluto vederli al pieno della forma, e concluderei dicendo Shellac, che dal vivo sono veramente fenomenali e McLusky, che mi hanno riappacificato con un certo tipo di musica che era diventata appannaggio di ragazzetti mostra mutande. Poi un gruppo che viene dal Galles, e suona in uno scantinato per quaranta persone pronte a lanciarsi in un pogo antologico (a cui non sono più fisicamente preparato) merita tanto di cappello... So di essermi dimenticato qualcosa, anzi molto, ma le malattie neurodegenerative stanno prendendo il sopravvento. Ti dico chi mi scoccia moltissimo di essermi perso, perchè so che m`avrebbero rimestato le interiora: i For Carnation...

Cosa riserva il futuro di UMB? Gioia e prosperità ?
Gioia e Prosperità ed anche una casetta in Canada, con i ricavati della compilation ho acceso il mutuo, per la vaschetta di lillà . Come Under My Bed, è in corso un processo di `rianimazione` del progetto, perchè per 3-4 anni siamo cascati in una sorte di catalessi per vicende personali legati ad entrambi che sfiorano il melodramma (mi scuso pubblicamente a chi mi avesse inviato dei demo e non ho risposto)... Però col ritorno in Italia m`è tornata la voglia di impegnarmi seriamente nell`etichetta. L`uscita della compilation “Ten Years of Secret Mixtapes” ne è la prova. Per l`immediato futuro abbiamo già qualche cosa che bolle in pentola: completare una serie di 5 split (CDr) intitolata “Cinque Pezzi Facili” che s`era interrotta al secondo volume. Ora usciranno il Volume 3 (My Dear Killer/Tettu Mortu), 4 (Empty Vessel Music/Kostanzengraff) e 5 (Morose/Campofame). L`idea è che ognuno dei gruppi contribuisca con cinque brani e che in ogni EP un gruppo si dedichi a forme più simili alla canzone tradizionale e l`altro a pezzi strumentali... ci sono voluti quasi 8 anni, ma siamo giunti alla fine. Inoltre stiamo preparando il nuovo disco di Marco Guizzi, che sappiamo si intitolerà ` “Collezionando vuoti a perdere”, ma non si sa il nome del gruppo, una cosa un po` paradossale. Infine, sempre per i piani a breve termine, “Veicoli Interiori” di Sceriffo Lobo, credo la cosa più pop nel catalogo UMB in assoluto, che produrremo con Marsiglia Records...

...e My Dear Killer?
Sto lavorando alla registrazione del disco nuovo, sempre per Boring Machines, col titolo “The Electric Dragon of Venus”. I lavori procedono abbastanza bene e, confesso, non vedo l`ora di terminarlo con la collaborazione di alcune persone fidate e sopratutto incoscienti con cui lavoreremo a rifinire gli arrangiamenti. L`idea generale è quella di riprendere in parte gli inserti rumoristici caratterizzanti di “Clinical Shyness” ma in maniera meno invadente sulla struttura delle canzoni, e di inserire anche altri strumenti tipo fiati, archi e tastiere. Poi faccio remixare tutto a Sandro Codazzi (ma lui non lo sa, ancora) con la cassa dritta in quattro, perchè uno che suona col casco e la bandiera svizzera è un eroe, se poi mette Elio (de Angelis) in copertina può proprio fare di me quel che vuole.
Speriamo anche di riuscire a racimolare un paio di date qua e là , perchè sono sempre abbastanza convinto che la musica sia anche, se non soprattutto, fatta per essere suonata dal vivo... quindi, fingers crossed.

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