Kar (con intervista)    di sergio eletto


L`idea di scambiare qualche parola con i romani Kar nasce dall'ultimo lavoro, anche per l'occasione licenziato dalla S'agita, “Piccolo Racconto Crudele Sulla Notte Appena Trascorsa”. Tale motivazione, soffermandosi un attimo, potrebbe allargarsi e diventare pretesto per narrare, brevemente, le diverse tappe affrontate dal duo. Il percorso musicale, e discografico, dei Kar riesce bene ad evidenziare il carattere estroso e multiforme che li anima. Marco Carcasi e Adriano Scerna, saltuariamente coadiuvati dall`apporto di Patrizia Di Meo ai visuals e Tiziana Lo Conte alla voce, rappresentano una linea trasversale alla rotta intrapresa, di recente, dalla stragrande maggioranza degli artisti dediti a forme sonore 'altre' dello stivale.
Risulta sempre difficile e con quest'ultima uscita è, ormai, impossibile riconoscere dei punti di riferimento 'stabili' in cui il gruppo trova facile ispirarsi... almeno per più di una volta.
Mi è ben noto il fastidio che si genera ad entrambi, quando si tirano in ballo paragoni e/o etichette varie. Gli stessi discorsi, affrontati dai due all'interno dell'intervista, chiariscono meglio quest'impeto di dissociarsi da ogni movimento, quanto dai propri appartenenti, e pertanto cercherò di essere il più evasivo possibile. Sia per continuare un discorso, sia per evidenziare questa differenza, però, è fondamentale immaginare un ipotetico punto di partenza. Su di loro si è detto molto, e a comparire con più frequenza è stata la facile 'tesi' di un gruppo, le cui radici ben evidenziano un passato (costituito anche solo da semplici ascolti) industrial. Termine che, anche se nasconde del vero, rinchiude troppo frettolosamente i due dentro uno spazio angusto. Vi è una ricchezza di elementi, sempre diversi ed in continua mutazione, ad esser presente nei loro lavori.
Questo caleidoscopio di spunti, che flirtano parallelamente con il minimalismo quanto con la musica concreta, penso di associarla, con maggiore convinzione, all'energica attività di ascoltatori di musiche altrui, senza alcun vincolo espressivo, ed appunto, stilistico. Possa essere esso roots, folk ed allo stesso tempo legato all'avanguardia di Harry Partch, John Wall... fino ai nostri giorni con John Duncan.
Rimesso nel lettore il primo lavoro, “P01”, mi ritrovo a fare i conti con l'eventuale invecchiamento precoce, provato subito dopo aver assaporato il successivo “P02”, di sicuro disco la cui architettura appare più autonoma e , quindi, meno legata ai canovacci dark-ambient degli albori. Devo, almeno in parte, ricredermi, perchè di momenti interessanti se ne riescono ad intravedere all`orizzonte. E, anche se certa estetica si riallaccia in maniera troppo palese ad una verve mistica-esoterica (un esempio potrebbe essere l`iniziale andamento di tra 49 e 5o), sobbalzano attimi, nel momento in cui scrivo, che con leggerezza mi riportano alla mente il trapasso dal filone dark all'ingresso dell'elettronica in casa dei Coil. Difatti, è proprio lo storico combo inglese a permeare finemente all'interno delle varie tessiture ed i momenti, che meglio rispondono al caso, vanno dalla title track a 0+.
Gia dall`osservare la suddivisione delle strumentazione è facile intuire i rispettivi caratteri, e divisione dei compiti, dei due. Carcasi, maggiormente attratto nel costruire le basi sonore, o nel riformulare i suoni raccolti in giro al computer. Scerna, invece, data la forte passione per musiche etniche e/o tradizionali, si cimenta nell'aspetto ritmico. E Lo fa, armeggiando nelle proprie mani come percussioni diversi oggetti, anche naturali, come legni, metalli, cocci vari...

Riallacciandoci, dunque, al discorso dell'appartenenza a questa, o a quella corrente veniamo ancora una volta smentiti. Il discorso abbraccia anche campi più articolati dove il suono è ricavato mediante dei mezzi, apparentemente, privi di questo scopo.
Con l`uscita di “P02”, dicevamo, il mood dei Kar ampia l'ottica visuale. Come dicono gli stessi nell`intervista, la straniante bellezza che traspare dall'opera potrebbe presentarsi come il personale approccio alla psichedelia... estrapolata dalla parola, sia chiaro, tutto ciò che possa condurre alle scorribande rock allucinogene degli anni '70. Ben gli si addicono, al contrario e sempre risalenti a quegli anni, artisti quali Terry Riley, La Monte Young, Faust... e forse, pensandoci adesso, tirerei in mezzo anche sciamani come Steve Peters (con tutta la scuderia della ¿What Next?) e Jorge Reyes, entrambi con l'enfasi per scenari desertici.
Nominare, inoltre, il minimalismo in senso stretto equivale ad inciampare in altre supposizioni errate. Visto che non si manifestano i classici sintomi del genere: la ripetizione all'infinito della stessa nota come la lenta evoluzione dei movimenti. Tutto, forse, potrebbe apparire come carattere peculiare del duo, il quale aspira piccoli scampoli dagli umori sopra citati per (ri)vestirli di forza autonoma. La nuova linfa trae forza anche dall'ingresso di un harmonium (la stupenda apertura di immensa luce blu in questo resta una delle cose più leggiadre e meditative allo stesso tempo udite da chi vi scrive dai Kar) e lo sguardo al microscopio di certi dettagli, in particolare nelle textures organiche che fanno da sfondo, segnano un piccolo gioellino, nonchè il disco preferito dei due dal sottoscritto, senza alcun dubbio.

Pian piano, con diversi concerti avuti all`interno della capitale, il gruppo arriva alla creazione di “Check & Set”, registrazione live risalente al 26/02/03 e , inoltre, lavoro che inaugura il rapporto con la S'agita. La performance, cosa importante, vede ricomparire la figura di Tiziana Lo Conte con la sua particolare tecnica vocale, con la quale sembra aver, ormai, raggiunto una padronanza non indifferente.
Tralasciando l`evidente slancio ritmico, lo considero tra i dischi maggiormente forgiati da una `logica` improvvisativa e, decisamente, più ostica. Sicuramente a fare da gioco in ciò sono i cambi repentini tra ramificazioni ambientali, silenzi e improvvise impennate della velocità . A suo tempo parlai di una struttura più ossessiva, merito del gioco ripetitivo delle percussioni e delle consuete atmosfere oscure, ben salde al mood del gruppo. Rimango della stessa opinione, ribadendo anche la voce della Lo Conte come protagonista indiscussa. Maestra nel(lo) (s)vincolarsi dalle varie situazioni che le girano intorno, diventando conduttrice indiscussa. Le sue nenie, i suoi gridi furono immediatamente accostati a Diamanda Galás, ma di seguito l'unione fatta da Etero Genio, in una recensione su Spectrum, tra le isterie vocali di Yoko Ono e la jazz singer Patty Waters (con particolare riferimento al bellissimo "Sings") hanno aperto nuovi punti da cui lasciarsi travolgere.

Oggi, a detta degli stessi, “Piccolo racconto crudele sulla notte appena trascorsa” è il disco che definisce meglio il sound dei Kar, nonchè dal risultato finale più soddisfacente. Effettivamente, la costruzione sotto un assetto prettamente elettroacustico prende il sopravvento. L'apparato uditivo non trova difficile sentire una materia più sottile costituita da minuscoli graffi digitali, loop e feedback ottenuti da oggetti vari. Forse il disco 'elettronico' che mancava all'appello?
Non credo, ma sicuramente a venire meno sono gli aggettivi spirituale, tantrico, esoterico...
Opinione simile per le percussioni di Scerna che risultano rade, sfiorate, meno propense ad irrompere con tensioni lampanti come in passato. Ci si avvicina per parametri alle Cellule d'intervention Metamkine ed alla musica concreta di Luc Ferrari per la carica surreale sprigionata. Gli attimi con maggiore intensità , e ingegno, s'intravedono verso la conclusione della suite quando ad esser registrata, è una sedia ed il suo strusciare lentamente per terra. Manifestando, così, una tale simbiosi, per il risultato ottenuto, con un soffio ansimato di una tromba... magari posata nelle mani di Axel Dörner. E' una ripetizione, velatamente onirica, a terminare il lavoro più articolato e sperimentale mai partorito. Non resta che aspettare la futura uscita in porto per i tipi della Ta lem (prevista per Settembre del 2004) e probabilmente un altro lavoro anche per la Mystery Sea.
Nel frattempo gli impazienti, se ancora non ne fossero a conoscenza, possono avvcinarsi alla ricca combinazione di dark, industrial e ambient emessa dal sodalizio di KALM (K.ar-A.anofele-L.ogoplasm-M.aath) ed anche al più recente lavoro di anofele, il progetto solista di Scerna, "akoe".
Entrambi usciti per la cara S'agita Recordings.

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