Qual è lo stato del jazz italiano? Vedendo che molti vecchi leoni fanno i giullari di corte e/o le puttane nel grande circo del magnamagna (alla faccia dei “Newport Rebels”) vien da pensare che è pessimo. Ma poi ti capitano a tiro musicisti come Gianni Mimmo e Nicola Guazzaloca (senza considerare quei musicisti che il jazz lo vivono di striscio, come Jacopo Andreini e Stefano Giust) ed il giudizio, seppure con una certa prudenza, volge all`ottimismo.
Il chitarrista fiorentino Matteo Tundo appartiene senza ombra di dubbio a quest`ultimo plotone. A capo di un`interessante formazione con ance, viole, tamburi, pianola elettrica e accorgimenti elettronici, si esprime in un linguaggio che fa proprio il jazz espressionista degli anni `60, il jazz modale, le soluzioni puntillistiche di certo jazz degli anni `70, il jazz elettrico (soprattutto per quanto riguarda alcune soluzioni timbriche), lo space-jazz di Sun Ra (Idea, Moonog...), il primitivismo di Albert Ayler (la fanfaresca Thinking Mind), e altro ancora.
Fanno particolare impressione il continuum massivo di Zero Brame (tipo Chris Watson che cala il microfono in un nido di vespe) e le soluzioni pittoriche di Twelve Tone Tune Two (un tema di Bill Evans) e Antimateria.
Gran bel disco.
|